Stefania Scagnetti
Jiku asd di Roma
Siamo fatti di giudizi, stereotipi, pregiudizi… sono “scorciatoie cognitive” che fanno parte della natura umana e, spesso, ci vengono anche in aiuto. Ma non sempre è così. A volte diventano delle vere e proprie gabbie che imprigionano gli altri in schemi e categorie, ma, in realtà, imprigionano noi stessi.
“Non sta bene dire una parolaccia per una donna”, “Un uomo non può piangere, perché diventa una femminuccia e si sa che le donne sono emotive”, “Perché non ti sposi, invece di pensare alle arti marziali?”, “Un uomo non può non intendersi di calcio e motori…. E così via…
Quante volte abbiamo sentito frasi di questo tipo! Ed io non sono stata esente, naturalmente.
L’Aikido per me è stata un’esperienza (e ancora lo è) arricchente, a tutto tondo. Ora fa parte della mia identità. Mi ha appassionata e mi ha dato la conferma che non serve chissà quale forza per neutralizzare un attacco, bastano alcuni movimenti con i piedi, con il busto, con i polsi…ed eccolo là: un energumeno di 1,90 mt disteso sul tatami, che batte per terra con la mano in segno di “stop” e questa è una bella rivincita verso tutti quelli che, appena vedono una ragazza che pratica le arti marziali, la guardano come se fosse di porcellana, o un “pesce fuor d’acqua” o pensano che lo faccia così tanto per… Mi è stato detto, quando decisi di iscrivermi ad Aikido: “ma perché non cerchi qualcosa di più femminile?”, o ancora: “Hai 30 anni, ma perché non metti su famiglia, invece di pensare ai bastoni!”. Ammetto che io, fin da piccola, sono sempre stata contraria a ciò che “fanno tutte le altre bambine”: non mi è mai piaciuta la danza, ho sempre preferito i pantaloni alle gonne, non ho mai portato le unghie lunghe e a 10 anni volevo fare la comunione in jeans! Ma questo non vuol dire che siano da “additare” tutte quelle donne che, al contrario, sognano il matrimonio da favola, amano le gonne, essere esteticamente impeccabili e rispecchiare ciò che la cultura italiana si è sempre aspettata da una donna. Siamo esseri umani, prima di qualunque cosa e, come tali, abbiamo il dovere verso noi stessi di essere esattamente ciò che vogliamo essere!
Perseguo l’idea che non ci sia bisogno di dover dedicare un giorno a qualcuno, qualcosa, ecc.. perché ho sempre ritenuto che ciò tenda a veicolare un messaggio contrario: etichettare e settorializzare, piuttosto che includere…In quanto donna, il problema grande che emerge, però, è che troppo spesso, ancora, siamo vittime degli stereotipi più gretti e bassi che ci siano e che ci umiliano, ci sottomettono… Troppo spesso siamo discriminate ancora in ambito lavorativo e a livello retributivo…Troppo spesso ci attribuiscono arbitrariamente un significato ad un’azione che compiamo, solo per il fatto di essere donne…
Il linguaggio crea il nostro pensiero ed è figlio della cultura che assorbiamo, per questo, sensibilizzare le nostre menti verso un cambiamento di paradigma e prospettive, penso che sia necessario e doveroso per evolverci e arrivare, un giorno, ad ottenere quell’inclusività che non rivendichi un “giorno speciale”.
In copertina calligrafia di Bruno Brugnoli: Ai Ki Onna in forma antica.
Sigillo a sinistra: trasmissione del ki – Sigillo a destra: eternità