Chiara Coppola
Shisei Racconigi ASD
Questo testo è frutto di una riflessione nata e sviluppata insieme ai ragazzi e alle ragazze di una scuola superiore durante una lezione di aikido.
“A cosa serve l’aikido?”
“L’aikido, quindi, ti insegna a difenderti?”
“Se qualcuno mi prende per strada come faccio a difendermi?”
Domande schiette e sincere che mi sono state poste da questi ragazzi, curiosi, attenti e ancora affamati e affascinati da risposte concrete, fisiche e semplici.
Ammetto che in un primo momento rimasi spaventata dall’idea di rispondere loro, per paura di non riuscire a dare una risposta che li soddisfacesse: non volevo abbattere le lore aspettative, rischiando di perdere la loro attenzione e di spegnere il loro entusiasmo che fino a quel momento stavano mostrando per la disciplina.
Dall’esterno, la nostra disciplina viene descritta e conosciuta come un’arte di difesa personale, intesa come disciplina che ti insegna a difenderti in caso di aggressione fisica.
Non è così.
Se ne sono accorti anche questi ragazzi quando, saliti sul tatami, con enorme rammarico, si sono resi conto che in quell’ora non avremmo tirato pugni o imparato a fare delle leve micidiali che ti servono a finire il tuo nemico. Certamente, chi, come me, pratica sa quanto dolorosa e sfiancante possa essere una lezione di aikido, proprio per le sue leve e per i suoi attacchi.
Ma il punto è: come dobbiamo considerare l’aikido?
Lungi da me dal volerne dare una definizione assoluta, o anche solamente accettabile o minimante condivisa, mi chiedo se parlare di aikido come arte marziale difensiva e non offensiva abbia senso. Per me sì. L’aikido è un’arte marziale che allena l’autodifesa. E allora perché non ho voluto rispondere in maniera così diretta e sincera alle domande di questi ragazzi, piuttosto che bloccarmi per cercare una risposta più adatta? Perché allora non portarli sul tatami e insegnare loro una bellissima e dolorosissima leva?
L’aikido è Autodifesa; è una disciplina, che è arte, e ti aiuta a crescere. Ti aiuta ad avere coscienza di te e delle persone che ti stanno attorno.
L’aikido ti insegna che chi usa la forza bruta per trattenerti o per colpirti è destinato al fallimento, perché una persona che intende prevalere con questi mezzi, è incapace di fare altro e che, quindi, ogni tentativo di dialogo diventa impossibile. Chi usa il potere della propria influenza fisica o verbale per denigrare o violare, chi usa questo tipo di forza, non è in grado di mettere in gioco altri mezzi per relazionarsi con sé e con gli altri: è una persona che ha fallito in partenza perché chiuso nelle proprie convinzioni e si sente legittimato a trattenerti perché sente o sa di essere più forte te.
L’aikido ti insegna che dalla violenza, dalla sola forza del corpo, ci si può liberare senza sforzo. Bisogna, pertanto, allenare un altro tipo di forza: quella interiore, quella del nostro spirito. In termini meno astratti, bisogna imparare a riconoscere le situazioni di difficoltà o violenza in cui ci troviamo, bisogna allenare la fiducia nel fatto che possiamo uscirne restando intatti, integri, solidi.
L’Aikido è in questo senso un’arte marziale improntata sulla difesa. Un’idea, certo, poco canonica del termine, ma per me molto più adatta.
Dopotutto, oggi i corsi di autodifesa personale e soprattutto di autodifesa femminile attirano molti proseliti. Sono corsi che contano molti iscritti e molte persone preferiscono una disciplina in cui l’idea del termine “difesa” sia molto più tangibile e concreta.
Certo, è molto impattante l’idea di imparare tecniche diverse, più o meno efficaci per ogni situazione. Ti fa sentire potente e sicuro di te; impari a tenere le situazioni dolorose e potenzialmente pericolose ad un pugno di distanza. Ma non solo, il fascino di sapersi difendere risiede anche nella loro utilità. Si sa, la questione non è “chissà cosa può succedere”, ma “so bene cosa mi può succedere”.
Se ogni settimana, in palestra, mi alleno per saper evitare i malintenzionati, posso camminare per strada la sera, o il sabato notte, dopo una serata con gli amici rimanendo incolume.
Anche perché aggressioni di questo tipo, certamente causate dal mio vestito troppo corto o dalla mia incapacità di sapermi scegliere un marito, sono tutte esperienze che accadono dietro il consenso di tutta la comunità, benché sia un consenso che vuole restare tacito. In questi casi, se io non mi difendo, chi lo farà per me? Nessuno.
Sì, sono consapevole del poco discreto scivolamento verso una problematica prettamente femminile, ma non si tratta solo di questo: il ragazzo vittima di bullismo, l’omosessuale, il trans, il barbone, il nero, la donna, io, mia sorella, mio figlio, mia madre, il mio amico o la mia amica.
Viviamo in un posto in cui la violenza, la forza bruta, quella che l’aikido vuole scongiurare, vive come un elemento reale e quasi fondante delle nostre esistenze. Noi lo sappiamo che prima o poi vivremo un momento di violenza. Sappiamo che dovremo affrontare momenti e situazioni dolorose e, dunque, come posso proteggermi da tutto ciò?
L’aikido non è la risposta, ma ci può aiutare nel darci degli strumenti.
Strumenti che non sono così concreti come un pugno, ma che si radicano dentro di noi; ogni giorno essi crescono fino ad arrivare a quel momento in cui ci rendiamo effettivamente conto che quelle tecniche, allenate così meticolosamente a lezione, hanno un enorme impatto nella nostra quotidianità alla stessa stregua e potenza di un pugno.
È fortezza, direbbero i medievali, quella che sviluppo facendo aikido: è la capacità di sapersi relazionare agli eventi e alle situazioni con accortezza e consapevolezza, avendo rispetto per me stesso e per gli altri, rimanendo solido e ben cosciente di me, senza lasciarmi abbattere dalle situazioni che mi imprigionano, perché ormai so che quella forza è superabile.
L’aikido è l’arte della sana relazione, dell’amor proprio e ci aiuta a costruire, ognuno per sé stessi, un modello di uomo o donna che è in grado di vedere al di là della violenza; uomini e donne che sanno che la risposta giusta non dimora nell’orrore di un conflitto che si trasforma in annientamento.
Questa è autodifesa, mi difendo dagli attacchi esterni con grande apertura mentale e non la forza dei miei muscoli. L’aikido non ti fornisce delle tecniche precise, ma ti insegna l’attitudine per trovare da te i modi per uscire da una situazione di disagio, secondo i mezzi che a te e per te risultano più propri e giusti. È un lavoro non da poco, perché in questo caso bisogna conoscere bene noi stessi, le persone o gli eventi con cui ci relazioniamo e gli ambienti e le situazioni in cui mi trovo. L’aikido non ti dà il libretto delle istruzioni, purtroppo, ed è per questo che praticarlo è così difficile.
Questo è quello che ho cercato di spiegare a quei ragazzi; questo è quello che mi auguro per loro e per i tempi futuri: siate coscienti di voi e delle persone di fronte a voi. Trattate tutto con riguardo e consapevolezza, perché violare, uccidere, deturpare e stuprare sono la sola espressione di chi non riesce, né si impegna a trovare altre soluzioni. Siate coscienti di essere persone intelligenti che possono superare le difficoltà senza l’uso della violenza fisica. Forse, solo così arriveremo ad una reale parità, dei sessi, certo, ma soprattutto tra di noi e con l’ambiente attorno a noi.