Il riconoscimento a shihan conferito dall’Hombu Dojo di Tokyo a Nino Dellisanti, uno dei padri fondatori di ProgettoAiki, ha ovviamente suscitato in molti il desiderio, forse la necessità, di conoscere qualcosa di più della persona, del suo percorso, delle sue mete. Ci ha provvidenzialmente pensato Simone Chierchini con questa intervista, che ha richiesto qualche tempo per essere completata a causa delle difficoltà del momento che tutti stiamo vivendo, quelle legate alla pandemia, che ha a lungo impedito la pratica dell’aikido e i contatti personali e continua ad essere un ostacolo. Uno dei tanti ostacoli che il pensiero di persone come Nino Dellisanti aiuta ad affrontare serenamente. L’intervista originale è qui consultabile.
30 anni di insegnamento, tanti compagni di strada, Torino, Christian Tissier e il ProgettoAiki sempre a portata di mano. Nino Dellisanti si è conquistato nel tempo un ruolo di rispetto nell’Aikido italiano e lo ha fatto nell’unico modo che funziona: senza protagonismi e con un indefesso e costante lavoro sul tatami e attorno al tatami
di SIMONE CHIERCHINI
Nota Biografica
Nino Dellisanti inizia la pratica dell’Aikido nel 1980 sotto la guida del M° Gerbi. Sostiene l’esame da Shodan (1985) e Nidan (1987) in FILPJ, organizzazione che, in quel periodo, poteva contare della guida, nell’indirizzo tecnico, del M° Tomita già allievo del M° Saito. Nel 1987, partecipando ad uno stage intensivo di Aikido a Parigi organizzato e condotto dal M° Tissier, Nino viene a contatto, per la prima volta, con questo Maestro. Questo incontro rappresenta il punto cardine nella definizione di quello che costituirà un personale percorso di ricerca e crescita tecnica.
Nel 1989 gli viene offerta l’occasione di guidare il corso di Aikido nella Palestra Kanku Dai di Torino, è il secondo punto di svolta del suo percorso di praticante. Nell’aprile 1992 insieme a Patrizia Corgiat fonda l’associazione Shisei e viene inaugurato il Dojo di via Legnano 16: la realizzazione di un sogno, una vera scommessa. Sempre nel corso del 1992 supera l’esame da Sandan.
Nel 1996 il M° Tissier, su invito della LAM Uisp, esprime un’opinione tecnica in seguito ad una prova di esame sulla cui base la LAM UISP certifica l’avvenuto passaggio di Nino Dellisanti a Yondan. Nel febbraio 2001 l’Ado UISP gli attribuisce il Godan e nel 2013 il ProgettoAiki gli conferisce il Rokudan. Il Maestro Tissier gli conferisce il V Dan Aikikai nel 2007 e il VI Dan Aikikai nel 2013. Nel 2020, dall’Aikikai di Tokyo, gli viene attribuito il titolo di Shihan.
Nino Dellisanti ha rivestito il ruolo di coordinatore della formazione insegnanti per il settore Aikido della Area Discipline Orientali UISP fino al giugno 2004 ed è stato membro della Commissione Tecnica Nazionale Aikido ADO UISP. È tra i fondatori del ProgettoAiki. Insegna a Torino, Racconigi, La Loggia, Ceresole d’Alba in vari corsi; nella pausa pranzo, pomeridiani e serali ad adulti e ragazzi delle scuole medie ed elementari. In questo percorso occupa uno spazio significativo la sua pratica tuttora attiva dello Iaido all’interno della CIK. Grazie alla guida tecnica di Danielle Borra ha acquisito il grado di Godan. Similarmente, si dedica al Jodo, ricevendo il supporto di Gilberto Vecchi, Gigi Rigolio e Antonio Ghigini e seguendo l‘insegnamento di René Van Armesfoort, Kyoshi 8° Dan. In questa disciplina il suo grado è Rokudan.
L’intervista:
CHIERCHINI
Torniamo indietro fino al 1980, al giovane Nino che inizia Aikido. Cosa andava cercando quel particolare principiante?
DELLISANTI
In realtà quel particolare praticante non sapeva che stava cercando qualcosa… Le cosiddette arti marziali mi affascinavano ma ero diffidente nei confronti dell’ambiente. Erano anni difficili, le diverse ideologie occupavano territori del fare quotidiano e molti erano i pregiudizi sulle discipline marziali… ciò detto ero affascinato e fu grazie ad un amico che entrai in un Dojo. Lì mi sono “scontrato” con l’Aikido. Cosa cercavo? Sul momento vi era, di certo, l’esigenza di esprimermi fisicamente. Ero un ragazzo timido, con il bisogno di misurarsi in una situazione dove lo scontro fosse possibile. Possibile e controllato, utile per poter evolvere nelle sue relazioni. Ovviamente non ne ero pienamente consapevole e ritenevo che l’Aikido fosse una scelta, per così dire, estetica, fare attività fisica calibrando i movimenti in modo elegante. Col senno di poi posso dire che “l’esperienza estetica” quella che coinvolge pienamente la nostra attenzione, capace di suscitare emozioni, riflessioni, stati d’animo – e infine trova il modo di esprimersi – è stata centrale. Desideravo un linguaggio, anche aspro, fatto di fatica e sudore, ma capace di comunicare.
CHIERCHINI
Cosa ti ha lasciato la tua esperienza di giovane dell’Aikido torinese alla scoperta di sé stesso e del proprio Aikido?
DELLISANTI
Il senso della comunità. Sembra scontato dirlo ma credo che questo sia un valore che un po’ si è perso. Credo che per i praticanti di quei tempi fosse importante il “con chi fare le cose” piuttosto che unicamente il “cosa fare”. I ritmi di vita consentivano che il “sopra” il tatami e il “fuori” dal tatami trovassero una sintesi nel vivere con i compagni di pratica, non solo di Dojo, momenti di condivisione. Questo mi pare che si sia perso, oppure sono io che non riesco a coglierlo. Poi c’è il piacere personale del faticare, ricercare la difficoltà per superarla, che questa fosse rappresentata da un compagno particolarmente ostico o da una tecnica complessa da realizzare. Ho sempre inteso che il mio piacere sarebbe passato attraverso la difficoltà… prima si cade e poi si cammina. La cosa divertente è che sono tendenzialmente pigro, ma il tatami mi trascina, dove vedo il problema vado! E se non vado è perché le mie paure sono più forti della forza magnetica della sfida… Ma ora lo so, sono capace di comprenderlo e ci lavoro!
CHIERCHINI
Nel 1987 hai incontrato per la prima volta Christian Tissier Sensei, primo passo di un lungo cammino assieme. In che modo il patrocinio spirituale di un grande maestro ha influenzato la tua pratica e il tuo modo di approcciare la vita?
DELLISANTI
Diciamo che mi sono scontrato (uso nuovamente questo termine) con il Maestro Tissier. O meglio, con l’ambiente dei praticanti che animava i suoi seminari. Non lo sapevo ma, durante lo stage, chi arrivava a lavorare con me non era mai uno qualsiasi. Solo gli allievi più prossimi del Maestro. Non conoscevo nessuno e, ovviamente, non ero così veloce nel propormi come partner di pratica a qualcuno e invariabilmente ero scelto… e come dicevo, non era un praticante qualsiasi ma qualcuno che veniva a testarmi e a mettermi in difficoltà, “presentando” il biglietto da visita della scuola.
Forse si può immaginare il mio sconforto… ero una fresca cintura nera e tutto ciò che credevo di sapere non serviva a nulla… Ma quella difficoltà mi fu da sprone, intravidi qualcosa e mi ci buttai… con dolore emotivo, ma mi ci buttai.