di Simonetta Giuliani
Un anno fa….
Aikido Dolce, Fujiyama Pietrasanta. Siamo sul tatami, ci stiamo riscaldando, già fatto il saluto, gassho, i kokyuho. Sono incredibili questi adulti che hanno deciso di iniziare a praticare Aikido in un’età dove i nuovi inizi sono una doppia sfida. Oggi mi meraviglio guardandoli seduti a terra, gambe allungate davanti a loro, braccia allungate sulle gambe e dita delle mani che “magicamente”, dopo tanto lavoro, toccano le punte dei piedi, in questa fresca mattina dei primi giorni di marzo.
Poi improvvisamente scopriamo che questa sarà stata l’ultima lezione nel dojo.
Siamo un piccolo gruppo, nato quattro anni fa, lo zoccolo duro è composto da cinque irriducibili, sei compresa me. Il mio, è un Aikido grezzo, elementare forse, cresciuto insieme a me sul tatami fiorentino dove il sentire attraverso il corpo ha sempre prevalso sul capire quale fosse il passo giusto da fare…
Mi piace da matti passare tutto ciò che posso a queste persone, e oggi che mi è stato detto che non posso incontrarle dal vivo, ho immediatamente deciso che devo trovare un’alternativa… Così l’11 marzo 2020 inizia il nostro incontrarci a distanza. Una video chiamata whatsapp, come un gruppo di adolescenti, ah ah ah! Un incontro strabiliante, dove la gioia di vedersi e muoversi insieme, si mescola alla difficoltà non calcolata di spiegare i movimenti con parole appropriate per guidarli a compiere da soli ciò che di solito compiono in coppia.
Adesso devono farlo senza il compagno che tocca il loro braccio, il loro collo, la loro mano, devono farlo senza vedere la dimostrazione a due, e sembra di dover ricominciare tutto da capo sia per loro che per me. L’alternativa non esiste, visto che mollare non è un alternativa percorribile.
E allora mi invento nuovi modi per raccontare la tecnica che sto facendo vedere, descrizioni sempre più chiare, meno parole più accuratezza; dal riscaldamento ai taisabaki, alle tecniche base, e mentre loro molto molto lentamente cominciano a muoversi un poco più sciolti, io inizio a consapevolizzare ciò che il corpo ha fatto sempre senza pensare, senza sapere fino in fondo quale movimento stessi muovendo.
Mi accorgo anche, che quanto più riesco a rimanere fedele all’interazione che ho con loro sul tatami, tanto più funziona anche a distanza. Sono abituati ad essere visti, guardati, corretti, incitati.
E allora anche a distanza, dico loro di continuare a muoversi mentre io li osservo uno per uno e porto qualche aggiustamento qua e là affinché il movimento sia più preciso, li fermo quando vedo che la spiegazione non è arrivata chiara per tutti e serve qualcosa in più, li sprono a fare un po’ più veloce o un po’ più lento in modo da sudare oppure d’imparare una migliore stabilità. Usiamo la voce per accompagnare il movimento all’unisono, che poi all’unisono non viene mai, usiamo l’ironia per non darla vinta alle difficoltà che si celano tra connessioni altalenanti e gatti che passano davanti alla telecamera del telefono, usiamo l’Aikido come modo di essere, una risorsa nel trovare il come fluire nonostante tutto.
Adesso dopo un anno di allenamento a distanza, ci spingiamo a sperimentare il difficile lavoro di uke, il lavoro a coppie e l’uso del bokken. E tutto questo “Funziona”!
La cosa che oggi mi rende più felice, è che le persone di questo gruppo di irriducibili, sono in grado di immaginare di essere vicini, sanno immaginare la presa dell’altro, sanno immaginare l’attacco, sanno immaginare di praticare Aikido, e come qualcuno d’ illustre ha detto (Walt Disney) “Se lo puoi immaginare, lo puoi fare!!!”
Simonetta Giuliani
Dojo Fujiyama Pietrasanta