di Mariarosa Giuliani

L’aikido, arte marziale giapponese, è una pratica a contatto. Si entra nel dojo e salendo sul tatami inizia la condivisione di uno spazio, di un tempo, di un ritmo, di una percezione di diversi contatti nei quali applicare diverse forze e velocità. Uke deve afferrare o attaccare tori e tori, prima di muoversi nell’applicare una tecnica, deve aspettare il contatto di uke. Si aggiunge poi il contatto dell’insegnante che per correggere si avvicina ed entra fisicamente nella coppia di uke e tori, per mostrare come eseguire correttamente un attacco o una tecnica. Non c’è individualismo, separazione o solitudine. Si lavora a coppie e anche in gruppi, nei quali un tori viene attaccato da numerosi uke. Da sempre l’aikido è così.

Poi arriva il coronavirus e la prima cosa da evitare è il contatto. Lo spazio di aggregazione non può esserci; il dojo si chiude, tori ed uke svaniscono, l’insegnante resta solo… i seminari che avrebbero dovuto unire i vari dojo sono annullati.

Dopo qualche mese di blocco totale i nostri spazi verdi all’aperto ci accolgono, si apre un lavoro motorio individuale, si aggiunge l’uso dei nostri jo e bokken che ci permettono di tenere una distanza accettabile. Proseguiamo così, spostando il nostro contatto dal corpo allo sguardo e provando a migliorare il giusto movimento personale. Per qualcuno arriva la sensazione che questo non sia l’aikido al cento per cento e così iniziano gli abbandoni. L’autunno prosegue in questo modo, province e comuni rallentano la concessione dei nostri dojo, continuiamo ad allenarci all’aperto finché diventa buio, freddo e poi arriva la pioggia inarrestabile. A metà ottobre chiusura definitiva. Dobbiamo fermarci, non c’è più nessuno spazio che permetta la nostra pratica.

Quando l’aikido non è un hobby, ma una parte centrale della propria vita da tanto tempo, non si può chiudere una parte di noi stessi. La tecnologia attuale permette di incontrarsi online e lì si accende l’inizio di un progetto che vuole trovare la soluzione per non fermarsi.

Per molte persone l’aikido non può proseguire. Si parla di allievi e insegnanti che soffrono enormemente di questa chiusura, ma non possono accettare di trasformare la pratica. L’aikido è contatto, è presenza, è dojo, niente può sostituire tutto questo e, sinceramente, è una scelta comprensibile. Un’altra piccola percentuale di persone invece non riesce a rinunciare, non riesce a chiudere, non vuole uscire del gruppo, non accetta di fermare il proprio corpo, di cambiare attività sportiva, né di arrestare la propria concentrazione nel miglioramento della pratica.

Ogni insegnante che pensa alle lezioni online non sa come saranno. Nessuno può saperlo, nessuno ha mai fatto un’esperienza del genere. Quando inizi a pensarci percepisci che potrebbe essere una buona modalità per proseguire, ma potrebbe anche essere un disastro. Magari pochi partecipanti, magari un aspetto noioso che non coinvolgerà. Ma nonostante l’incertezza, la scelta di non fermarsi ci coinvolge nelle lezioni online: Mi fermerò solo se non funzionerà.”

Così sono iniziate le mie lezioni e l’obiettivo è stato quello di mantenere totalmente la didattica di base con tutti gli aspetti coinvolgenti. Solo una parte degli allievi adulti ha deciso di partecipare e quando ci siamo visti le prime volte su Zoom è stato come iniziare un nuovo percorso, ognuno nella propria stanza, piccola o grande, luminosa o buia, ognuno incerto.

Mi sono vestita con keikogi e hakama, ho messo la foto di o sensei  e sono partita come se fossimo insieme nel nostro dojo. Dopo l’aiki taiso, iniziamo a muoverci con irimi tenkan e tenkan, movimenti spontanei per tutti, che ci fanno entrare automaticamente nel normale allenamento. Dopo qualche minuto inizio a lavorare su dei taisabaki che saranno i movimenti delle tecniche che sto per proporre. Iniziamo dallo spostamento dei piedi e delle gambe e poi aggiungiamo anche il movimento delle braccia: quando riusciamo a muoverci bene, passiamo alla tecnica, da tori.

Tolgo la funzione video galleria e metto in evidenza la mia webcam, cercando di mostrare ogni passo, ogni posizione, ogni spostamento in modo che ognuno possa osservare bene e provare a riprodurre. Si ripete molte volte insieme, poi rimetto la galleria e guardo ogni partecipante, controllando ogni esecuzione, ed evidenziando le correzioni da fare. Ritorno in evidenza e spiego cosa e come correggere, ripetiamo ancora eseguendo le correzioni suggerite, poi torniamo in galleria dove ci vediamo tutti e cominciamo ad aumentare il ritmo. Do il via contando ed eseguiamo decine di volte la stessa tecnica da tori, aumentando la velocità e l’energia. Spesso suggerisco anche di immaginare questa esecuzione a contatto con il proprio uke, scelto nel gruppo.

Il passo successivo è passare da tori ad uke. Il percorso è lo stesso: iniziamo dalla prova dell’attacco o della presa e arriviamo alla caduta o alla leva. Fare uke da soli è molto più difficile che fare tori e seguire l’esecuzione aiutando con correzioni specifiche è indispensabile. Qui è molto importante percepire il movimento del nostro tori, muoversi da uke significa proprio questo: sentire dove ci sta conducendo tori, e come seguire la sua spinta. Anche qui dopo la spiegazione e la correzione procediamo con l’aumento del ritmo ripetendo decine di volte e usando la propria energia. A fine lezione in qualche messaggio c’è il commento della soddisfazione di dover fare la doccia per aver sudato!

Nelle prime lezioni mi rendo conto che devo totalmente cambiare la mia parte verbale. Solitamente sul tatami parlo pochissimo. Mostro una tecnica nei particolari senza spiegare singolarmente ogni movimento. Qui deve per forza essere diverso. La distanza, il video o il cellulare che stanno usando i partecipanti, non può coinvolgere senza le parole, senza la voce che indica passo passo come muoverti. È così che inizio a dire cose mai dette, spiegazioni verbali oltre che corporee. Dà una sensazione molto particolare, ma è immediato vedere che funziona. Mantengo invece la collaborazione, punto molto importante per me. Decido di dare la prima parte di lezione dedicata all’aikitaiso in mano a Rocco, che in questo anno di pausa ha seguito molte lezioni di ginnastica che gli hanno dato competenza sullo sviluppo atletico. Quindi faccio iniziare lui con esercizi di potenziamento e stretching e poi io passo alla parte tecnica dell’aikido.

Passate le prime lezioni dove l’incertezza era presente per tutti, inizia una certa stabilità, si riesce a faticare, a dare spazio alla nostra energia, a provare e riprovare le tecniche da tori e uke e a raggiungere la giusta esecuzione. Le stanze si sono aperte diventando un unico dojo e adesso è possibile riprendere il contatto. Dopo i primi minuti di esecuzione individuale io vado in video-evidenza, faccio uke attaccando e tutti gli altri eseguono tori, rispettando tempi e spazi, poi scambiamo, tutti uke e io tori. Questo coinvolge molto e i messaggi, a fine lezione, mettono in evidenza l’entusiasmo del piccolo passo avanti. Procedendo con le lezioni il contatto si rafforza, facciamo sempre la prima parte individuale e poi mettiamo in evidenza due persone che fanno uke e tori, aspettando l’attacco ed eseguendo la tecnica, tutti gli altri procedono individualmente, ma poi le coppie in evidenza cambiano e tutti proviamo il contatto. Questo lo applichiamo anche all’uso di jo e bokken, l’allenamento si allarga e almeno visivamente il contatto diventa reale.

Passa il tempo e le persone che hanno iniziato non mollano, anzi tutti siamo contenti di aver trovato una possibilità per non lasciare l’aikido. Qualcuno parlando della soddisfazione della pratica con altri, riesce a coinvolgere anche qualche persona che aveva pensato non fosse il caso di allenarsi on line. L’obiettivo successivo è quello di vedersi con altri dojo. La prima occasione è la lezione in ricordo del maestro Fujimoto nella data della sua scomparsa. Ogni anno abbiamo coinvolto i dojo della nostra Regione in occasione di tale lezione e anche quest’anno non voglio interrompere.

Inviamo a tutta la regione il nostro link di Zoom e incredibilmente la partecipazione sorpassa la nostra regione. Alcuni hanno invitato altri, ci sono partecipanti anche da Parma e Milano! È un inizio emozionante. Partiamo con due minuti di video di lezione del Maestro Fujimoto, guardiamo i suoi movimenti e ascoltiamo le sue precise spiegazioni e correzioni poi pratichiamo quelle tecniche, ponendo attenzione a ogni esecuzione. Chiudiamo con grandi saluti e ringraziamenti. Poi come sempre arrivano i messaggi entusiasti. Qualcuno scrive anche che non avendo mai potuto praticare con il maestro Fujimoto, stasera ha avuto la sensazione di poter partecipare a una sua lezione, ha capito la sua meravigliosa didattica e si è sentito estremamente coinvolto.

Passano un paio di settimane e organizziamo una lezione internazionale. Si collega con noi dalla Germania, il dojo di Roland Hofmann. Lui fa la prima mezz’ora di lezione e io la seconda, presenti persone di vari dojo. Anche questo, ottimo contatto, e come fanno in Germania, finita la lezione, brindiamo con una birra!

Da qui l’idea di partecipare a lezioni con altri dojo non si ferma, per me è molto bello vedere persone con le quali ho praticato in molti stage, ma anche interessante vedere la modalità delle lezioni, arricchirsi di molteplici esperienze. Adesso la lista dei contatti nazionali aumenta. Sicuramente la didattica è personale, ognuno ha applicato una sua modalità. Ci sono insegnanti che hanno regalato video stage, dando la propria didattica come occasione di allenamento a tutte le persone che volevano seguirli. Ci sono modalità di didattica online dove l’insegnante dimostra e spiega attentamente ogni tecnica dando tutto se stesso.

C’è poi la modalità circolare dove l’insegnante dà e riceve. Fai vedere e spieghi, poi guardi chi esegue ciò che hai mostrato e cogli ogni cambiamento, ogni inesattezza da correggere, ogni leggerezza o potenza di energia e cresci di livello, acquisendo cosa serve per migliorare l’esecuzione, quali parole o quali movimenti possono aiutare a percepire meglio ciò che vuoi che si esegua. Io ho fatto e sto facendo questo percorso.

Per le correzioni è chiaro che non si può agire come sul tatami e allora guardando e cogliendo il movimento da correggere lo faccio senza citare chi sbaglia, ma correggendo quel particolare e facendo riprovare quel punto fermandosi lì e facendo in modo che tutti possano controllare se sono nel punto giusto. Così ognuno percepisce il proprio errore e fa il cambiamento aiutato dalla spiegazione.

La sensazione di questo momento è quella di essere rimasti assieme e di avere continuato a vivere l’aikido, ma c’è anche la soddisfazione di aver visto attenzione, impegno ed energia in tutti i praticanti. Incredibilmente vedo anche dei notevoli miglioramenti nell’apprendimento, credo che quando torneremo sul tatami a contatto, ognuno potrà percepire ciò che ha generato questo nostro allenamento.

Adesso però siamo ad aprile e contrariamente allo scorso anno non è ancora possibile allenarsi all’aperto. Siamo ancora in zona rossa e anche meteorologicamente siamo un po’ in difficoltà. Quindi proseguiamo così e ringraziamo la nostra volontà di non abbandonare, di accettare che il nostro dojo è chiuso, di essere consapevoli che siamo fermi ma non ci fermiamo!

Mariarosa Giuliani
Dojo Fujiyama Pietrasanta