di Paolo Narciso

Ma cos’è l’Arte?

Aristotele. Musei Capitolini, Roma

Sembra che il mondo dell’aikido si stia dividendo sempre di più dando vita a due fazioni contrapposte: i “puristi” della tecnica contro i “bohèmienne” dell’interpretazione creativa.

Ma le due cose sono davvero l’una alternativa all’altra o possono, anzi devono, convivere? Cos’è l’Arte?

Proviamo a fare chiarezza attraverso uno strumento tutto occidentale: la filosofia e con l’aiuto di uno dei più illustri pensatori di tutti i tempi: Aristotele.

In greco il termine corrispondente alla nostra parola Arte è techné, termine tramandato e conservato etimologicamente in una sfumatura tutta “pratica”: la “tecnica”. Questo concetto dal sapore metallico, oggi sembra appartenere a tutt’altro campo semantico rispetto all’arte, sinonimo di libertà, creatività ed espressione.

E qui dobbiamo fare la prima riflessione importante: techné in greco non indica precipuamente un “fare” generico ma appartiene piuttosto all’area dello ”episteme” ovvero del sapere o, meglio, del “saper fare”. Fino qui nulla di strano, direte. Anche noi chiamiamo tecnica un’azione accurata. Ma nel mondo greco la cosa ha una importante sfumatura.

Un medico, un architetto, un guerriero non sono technitai, tecnici, perché guariscono malati, fabbricano case o vanno in guerra ma perché possiedono la conoscenza di cos’è la salute e la malattia, una casa, un esercito o un campo di battaglia. Per un uomo dell’Ellade, il tecnico che viene a ripararvi la caldaia senza saper costruirla non possiede affatto la technè: è, al più, un mero esecutore di protocolli.

Andiamo nel dettaglio, vi prego non spazientitevi, non spaventatevi, cercherò di essere semplice (lo so, i filosofi non lo sono mai…ma mi sforzerò al massimo, promesso!)

Aristotele nell’Etica a Nicomaco scrive:

  • «L’essenza dell’Arte (techne), è quella di essere un comportamento, (ἕξις, hexis, habitus) produttivo,(ποιητιχή poietiché),
  • governato da sapere, (μετὰ λόγου, metà logou)
  • e poiché non esiste nessuna “arte” che non sia comportamento produttivo governato da sapere
  • né alcun comportamento siffatto che non sia un’arte,
  • vi sarà identità fra “arte” e comportamento produttivo guidato da sapere».

Quindi l’equazione è questa:

Arte = Comportamento + produzione + conoscenza

Roemisch-Germanisches Museum, Colonia

Per fare arte quindi non basta ripetere una serie di comportamenti, bisogna che essi siano creativi e che soggiacciano ai princìpi del sapere. Ci sono quindi tre concetti cardine che devono essere necessariamente presenti affinché si possa parlare di arte:

  • comportamento (ἕξις hexis)
  • sapere (λόγος, logos)
  • produzione (ποίησις poiesis).

Esaminiamo bene e cominciamo a mettere in relazione con il mondo del’aikido, sempre seguendo Aristotele,

Prima domanda.
Cos’è il comportamento?

“(Chiamo) comportamento ciò per cui, in rapporto alla passione, ci disponiamo bene o male; così in rapporto all’ira: se ci irritiamo violentemente o debolmente, ci comportiamo male; se ci irritiamo nella dovuta misura, ci comportiamo bene. E parimenti anche rispetto alle altre passioni.” (Eth. Nic. 1105b). Quindi il rapporto tra noi e le passioni, come ci disponiamo, determina il comportamento. Come ci disponiamo alla pratica e verso la pratica, i nostri compagni, dominando le passioni, determina il comportamento

Seconda domanda.
Basta questo per fare arte? Basta avere un comportamento etico?

Secondo Aristotele no! L’arte, in base alla definizione che Aristotele ne ha dato, non è semplicemente un modo del comportarsi, ma un comportamento produttivo, un comportamento che riguarda non l’agire, ma il produrre. Non basta quindi disporsi bene e agire bene (questo secondo Aristotele è solo il principio dell’etica e dell’azione ma non dell’arte). Bisogna che questo comportamento sia produttivo. La nostra pratica deve produrre qualcosa attraverso il comportamento inteso come relazione con i nostri stati interni, con noi stessi e con l’esterno e infine come azione produttiva.

Terza domanda.
Qualsiasi cosa io produca trasforma il comportamento in arte?

Secondo Aristotele la risposta è ancora una volta no! È importante che il prodotto del comportamento sia regolato dal sapere, ovvero dalla conoscenza profonda della cosa da produrre. “Arte”, pur attenendo alla sfera della conoscenza, non significa, come abbiamo notato sopra, mero sapere circa una cosa, ma “sapere in vista della produzione” di quella cosa. Il sapere tecnico non si realizza nella contemplazione (so cos’è un tavolo, ne possiedo il concetto), né in una azione (uso propriamente il tavolo), ma nella produzione (fabbrico il tavolo).

Il fare arte è “sapere come produrre qualcosa” e non solamente sapere, intendersi di qualcosa, conoscerla. Infatti questo puro conoscere non tocca anche la produzione ma “lascia le cose così come sono per informarsi solo intorno a quel che esse sono e come sono, per diventare esperto in questo.” (Heidegger, Aristotele. Metafisica).

La conoscenza (mondo della Scienza) è la relazione dell’uomo con l’opera, l’opera compiuta. L’Arte è la relazione dell’uomo con il saper produrre l’opera attraverso la tecnica che è un comportamento guidato dalla conoscenza.

Galleria degli Uffizi, Firenze

In conclusione:

Prima fallacia: quando ci soffermiamo nella conoscenza “tecnica” e qui per tecnica dobbiamo intendere essenzialmente il catalogo compiuto di gesti e movimenti predeterminati e trasmessi, stiamo nel mondo della Scienza. Nulla di male ma, per quanto possiamo ripeterli in modo perfetto, essi non sono arte (pur essendone un presupposto).

Seconda fallacia: quando vogliamo “creare” liberamente sotto l’impulso delle nostre sensazioni, trascurando o dando un ruolo di secondaria importanza alla conoscenza che deve guidare l’azione, non stiamo facendo arte. Infatti, come scrive Aristotele «la mancanza di “arte” è un comportamento che dirige il produrre guidato da un sapere falso» Eth. Nic. 1140a (essendo meno radicali del Filosofo, potremmo dire guidato da un sapere imperfetto o impreciso).

Quindi: per fare arte dobbiamo produrre qualcosa di originale (quindi non ripetere e non inventare) attraverso una tecnica che è l’insieme dei comportamenti guidati puntualmente dalla conoscenza. Per questo, una volta accadeva così, gli shihan codificano i loro kumitachi e kumijo e la loro speciale (irripetibile)maniera di esprimere i princìpi.

Per questo, praticando Aikido per molti anni, ci prepariamo solamente a fare Arte, anche se ci ostiniamo a chiamarla così (arte marziale) molto, troppo precocemente. Purtroppo alcuni si stancano troppo presto dell’apprendistato, concendendosi alle fantasie e alla presunta creatività e libertà, e altri invece vi si rifugiano per tutta la propria vita continuando a ripetere kihon sempre più “perfetti”.

Per fare Arte ci vuole coraggio, il coraggio di non volersi liberare a tutti i costi e il coraggio infine di liberarsi veramente. I giapponesi condensano Aristotele in tre sillabe: Shu-Ha-Ri

 

Paolo Narciso
Dojō Shochibukai Roma 

Foto di Paolo Bottoni