Luglio 2022

È già passato qualche mese, in questo momento in cui sto scrivendo, dalla fine dello stage di Roquebrune, un evento di portata mondiale che raduna nella piccola città, appunto, di Roquebrune sur-Argens aikidoka da ogni dove.
Potrà essere scontato per molti (pochi), ma per me è la prima esperienza di uno stage di una settimana intera ed ha svegliato in me un qualcosa di strano, una sorta di fremito ogni volta che mi trovo di fronte a un tatami, una sensazione simile a quella che già provavo, ma differente: più intensa e rinvigorente.
L’emozione provata è scaturita da ogni aspetto: il viaggio, i via-vai tra la palestra e l’alloggio (con annesso trasporto di litri e litri di acqua), il caldo torrido, il sudore che grondando rendeva quasi ciechi, l’aver rivisto amici, l’averne conosciuti di nuovi, lo svago, lo studio, la nuova routine, ahimé, temporanea, il tutto con relativamente poche parole.
Roquebrune ha rappresentato tanto: un essersi veramente messi in gioco, al limite delle capacità fisiche ed, a tratti, mentali; la completa immersione in una passione. Non si è trattato “semplicemente” di uno stage e nemmeno di un vacanza; è stato un qualcosa di molto di più.
I lavori proposti dal Maestro Tissier sono, come sempre, risultati estremamente interessanti e ricchi di spunti circa lo studio di alcune delle principali tecniche che siamo soliti studiare: Irimi Nage, Kote Gaeshi, Shiho Nage ed Ikkyo da varie prese ed attacchi sono stati i focus di maggior spessore. Anche il Buki-waza ha rivestito un ruolo di rilievo; suddiviso nelle lezioni di bokken al mattino incentrate sullo studio dei kata di kenjutsu dell’Inaba Shin Ryu (derivato dal Kashima Shin Ryu) e di lavori ad esso propedeutici e per tre pomeriggi, sull’utilizzo del jo, prettamente basato su lavori di Jodan Gaeshi e Katate Hachi no Ji Gaeshi.
Le lezioni sono state tenute in primis dal maestro Tissier con le proposte dei maestri Mare Seye e Jorge Rojo, circa due lezioni di jo del pomeriggio.

Il viaggio e la routine

Partenza dalla nostra Toscana con Michele Mazzi, compagno di tatami ed amico a cui devo tanto sia in aikido sia nella vita di tutti i giorni, Flora, allieva da poco iscritta al corso di Pistoia, Leonardo e Lorenzo, amici ed allievi di Francesco Scognamiglio, insegnante ed anche lui amico che ci avrebbe raggiunto qualche ora più tardi direttamente in Francia.
Il viaggio comincia presto con ritrovo a Massarosa con accompagnamento da parte di mio padre e Nicole, che stavolta mi aspetterà (purtroppo) a casa, Sabato 30 Luglio, per la frazione di stage del pomeriggio con arrivo per le 16:00, un’ora e mezza prima dell’inizio del tanto desiderato stage; subito dopo la pratica di corsa in albergo per riposarsi dal viaggio e dalla pratica; il giorno dopo Aikido mattina e pomeriggio: si deve essere preparati fisicamente e proiettati sul tatami mentalmente.
Da qui, la tipica giornata in Costa Azzurra: si cominciava di buon ora con la sveglia alle 6:45/7:00 con colazione abbondante e bilanciata in vista della pratica delle ore 9:30.
Alle 9:00 più o meno già pronti sul tatami, belli idratati con acqua fresca in vista del caldo torrido che già dalla mezz’ora successiva ci avrebbe accompagnato per tutta la giornata.
Fino alle 11:30 Aikido con una breve pausa per reidratarsi verso le 11:00; nell’ora successiva, bokken a più non posso!
Per 3 pomeriggi, Lunedì, Mercoledì e Venerdì, dalle ore 18:00 alle 19:30 lezione di bastone.
La pausa pranzo si svolgeva in albergo, al refrigerio, con un pranzo leggero homemade post spesa nel supermercato più vicino. Post pranzo: studio, lavoro o penichella in base alle necessità. I giorni di stage pomeridiano, partenza per le 16:30 per essere al dojo in orario.
I 2 pomeriggi liberi sono stati dedicati al mare delle spiagge di Fréjus e Saint-Raphaël, con un tuffo rinvigorente ed una bella nuotata defaticante con gli amici.
La sera cena a volte internazionale a volte tipica del luogo, in gruppo o sparsi, ma una costante erano crêpes e sidro ghiacciato. Da menzionare, moules-frites au Roquefort a cena una delle ultime sere: la loro fama le precedeva ed hanno tenuto alta l’aspettativa.
In queste occasioni i compagni di “sgranate”, oltre che di tatami, sono stati Alessio e Salvatore da Salerno, Gianni da Torino, dalla Toscana Alessio da Agliana e noi da Pistoia.

Aikido, amici e relazione

Della pratica in senso generale ho già parlato nel primo paragrafo ergo reputo importante esprimere che, a parte l’Aikido in sé, l’aver ripreso una pratica “normale” come quella che si aveva prima dell’avvento di SARS-CoV-2 è stato emozionante. Il ritorno a quei momenti che tanto ci erano mancati in 2 anni condensati in 7 giorni di pratica, di fatto, full-time. Il ritorno a quella che era la relazione ha portato in me una sensazione di benessere senza precedenti e subito ne ho approfittato…
La parola chiave è proprio quella evidenziata nelle righe precedenti: relazione. L’Aikido è relazione, in ogni sua forma: da Katate Dori, Shomen Uchi, Jodan Tsuki sul tatami alla chiacchera nello spogliatoio ad inizio e/o fine allenamento, dal Tenkan, dal Kaiten o Tsugi Ashi al saluto, da Hiji Kime Osae, Koshi Nage, Sankyo o Tenchi Nage alla cena di gruppo, due o più individui saranno sempre connessi da un qualcosa di più o meno marziale… questa è proprio quella ricerca del rapporto tra persone.

Tornando un passo indietro, fin da subito mi sono prestato ed adoperato per praticare con chiunque mi trovassi accanto o che avesse attirato la mia curiosità o, ancora, avesse generato in me la voglia di dare il 100%. Alcuni volti già mi erano noti e vi avevo praticato in altre occasioni, sia su tatami italiani che oltralpe, alcuni di essi insegnanti di alto livello.
Tra i vari nomi abbiamo Hélène Doué, Karl Ruben, Fabrice Croizé, Cosmo Coquin, Julien Navet-Cintrat, Adrien Rocci, Jorge Rojo, Nora Weller, il nostro Shihan Maurizio Valle, il da tempo amico Alessio Autuori e Bruno Gonzalez Sensei.
Oltre questi non posso non citare i compatrioti: Gianni, Salvatore, Andrea, Beppe e tutti gli altri ragazzi con cui ci ritroviamo regolarmente sui tatami delle province di Pistoia e Firenze.

L’aver conosciuto e, soprattutto, praticato con quegli aikidoka che da ragazzino ammiravo con occhi sognanti di cintura bianca nei video su internet, mi ha portato a vedere questo tipo di esperienze da un altro punto di vista, con un’ottica secondo la quale “io sono in mezzo a loro”, non come loro, ma lì, su quello stesso tatami.

Spero vivamente di poter ripetere il prima possibile esperienze simili, per ritrovare quelli che sono i miei nuovi amici,compagni di avventura o semplicemente conoscenti, e di trovarne altri, con cui praticare e creare e/o approfondire legami, oltre a condividere di nuovo i bei momenti con chi da tempo ha con me una connessione.
Concludo con l’affermare che alla fine, non importa che il luogo dello stage sia vicino o a 3000km di distanza da casa, le cose che contano saranno sempre il viaggio, l’esperienza ed i volti che ci porteremo dentro.
È la creazione dei legami, effimeri o indissolubili che siano, che ha fatto, fa e farà vivere l’Aikido.