Domenica mattina. Il luogo dello stage non è lontano, ma il tempo vola, quindi borsone e sacca delle armi alla mano e si va.
È il terzo stage che Nino Dellisanti conduce nella splendida cornice della palestra Libertas di Firenze. Un appuntamento organizzato da Francesco Scognamiglio – Budokan Firenze ASD, che richiama molti praticanti sul tatami.
La lezione si apre con un ringraziamento da parte di Nino, un ringraziamento per noi che dedichiamo tempo alla disciplina ed alla pratica. Saluto ad O’Sensei, a noi, ed inizia il seminario: prima le armi, il jo.
Le altre volte le lezioni erano incentrate sui kumi-jo, stavolta invece il lavoro che Nino ci ha proposto sono stati, sia nella prima parte della mattina che in quella del pomeriggio, dei kata a coppie di “jo tai jo” (bastone contro bastone).
Spesso studio questo tipo di lavori, ma questi 2 erano di una rara bellezza, e non per fluidità, potenza e tutto ciò che un insegnante 6° Dan Shihan di Aikido, 6° Dan di Jodo e 5° Dan di Iaido come Nino può dare, bensì dello studio della costruzione tecnica.
La ricerca certosina dietro ad ogni movimento da entrambe le parti, uchijo e shijo, è trasparsa in ogni istante in cui ci venivano illustrate le azioni stesse.
L’obiettivo era chiaro: ricercare il movimento giusto con il tempo perfetto.
Partendo dal principio, dopo aver assimilato per step cosa ognuno doveva fare, si giungeva al kata completo.
I dettagli dei kata non starò ad esporli, salvo giusto una criptica osservazione: nel 2° kata studiare altre forme di hasso gaeshi ha, sicuramente a me, cambiato il modo di vedere l’azione stessa. Un hasso differente da quello ben noto ai più, un hasso di potenza (d’altra parte serve a spazzare via un altro jo…)
Finita la parte di armi, tocca all’Aikido.
Circa la mattina, molte proiezioni: Tenchi Nage omote e ura, disparate versione di Kokyu Nage e, per chiudere, Koshi Nage.
Adoro cadere, quindi sono andato a nozze ben volentieri con tale “offerta”. Anche qui i dettagli celati nei movimenti delle mani sono stati sorprendenti: piccole rotazioni che portano a situazioni ben definite e proiezioni molto ricercate. Non cose articolate, ma tecniche!
Già volte avevo visto questo tipo di studio da parte di Nino, su altre tecniche, ma mi stupisce sempre come basti poco per cambiare tutto… un polso che agisce come un ago di una bilancia molto sensibile: con una minima variazione cambiano completamente gli equilibri.
Una volta conclusa la mattinata una breve pausa pranzo per rifocillarsi, un rapido cambio del keikogi e siamo di nuovo pronti per ricominciare.
Dopo la consueta ora di jo è stata la volta del tantō-dori. È raro oggi vedere l’utilizzo del pugnale, almeno ai seminari. Le volte in cui è capitato a me sono state altre 3: una sempre con Nino in uno stage organizzato da me, sempre “giocando in casa” con uno stage condotto da Karl Ruben ed un’altra volta ad un seminario di Francesco Dessì.
Il tantō è uno strumento didattico eccellente, oggi ne ho avuto conferma una volta in più: mediante il suo impiego, difatti, ci si addentra in situazioni che necessitano di una forma di attenzione e studio esatte, nonostante possano generare, almeno ad un primo approccio insicurezza.
Come detto anche da Nino, il tantō permette di differenziare i diversi tipi di entrata in relazione alla tecnica, ma non c’è un qualcosa di prestabilito (chiaramente stiamo uscendo dallo studio della singola entrata, è un qualcosa di successivo): in base ai nostri movimenti, ma soprattutto su base di quelli di uke, si creano possibilità distinte e ciò può portare ad una tecnica o ad un’altra, in tale caso Shiho Nage o Kotegaeshi.
Questo per quanto concerne un primo lavoro, da Yokomen Uchi Gyakute; successivamente si è passati ad una situazione analoga ma da Tsuki, ove uke rientrava dopo l’affondo o con una seconda pugnalata o con un taglio ascendente; da questi si sviluppavano rispettivamente Kotegaeshi o Hiji Kime Osae.
Lo studio con il tantō è risultato dunque accattivante sia per le tematiche che porta in esame, l’attacco da parte di uke, che deve essere corretto… e l’approccio peculiare da parte di tori, sia per la poca frequenza con il quale lo si studia, sia per gli studi proposti.
Posso quindi affermare che, ancora una volta, Nino Dellisanti si pone e si conferma come uno degli insegnati e formatori migliori nel panorama dell’Aikido italiano, capace di coinvolgere il palco di aikidoka calcanti i tatami mostrando (e dimostrando) una ricerca nella disciplina minuziosa, sia nel taijutsu che nello studio delle armi, cosa che appunto lo ha portato ad ottenere nel 2019 il titolo di Shihan.
Un sentito ringraziamento a Nino, alle persone con le quali ho praticato ed a quelle con cui ci siamo scambiati la promessa di praticare assieme la prossima volta.
Alessandro Meloni