Le origini dell’Aikido
di Chiara Bottelli
con illustrazioni di Francesco Dessì
Budo Books
www.budobooks.it
I meriti di Chiara Bottelli nella ricerca delle origini – ma qui parlerò di radici – dell’aikidō non sono cosa dell’ultimo giorno: già nella sua tesi di laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne all’Università di Torino nel 2004, “Arte marziale o religione? Il rapporto tra aikidō e ōmotokyō”, ci aveva anticipato molto.
Negli anni successivi a differenza di altri pur stimabili ricercatori ha proseguito le sue ricerche bilanciando con accortezza lo studio documentale e la ricerca sul campo. Attraverso la pratica costante dell’aikidō ma anche attaverso contatti diretti e continui con la sorgente stessa, visitando spesso il centro Ōmotokyō in Giappone e rendendo possibile a chiunque lo desiderasse di condividere queste esperienze.
Naturalmente le radici dell’aikidō, avendo generato un albero di maestose proporzioni e dalla chioma rigogliosa al punto da apparire talvolta addirittura come una foresta, sono proporzionalmente vaste. Si estendono fino a profondità considerevoli e pur strettamente correlate tra di loro da legami logici e consequenziali possono dare, a volte vogliono dare, talvolta infine danno di fatto l’impressione di un groviglio inestricabile.
Il libro di Chiara Bottelli che vi accingete a leggere di conseguenza vi trascinerà in una nuova avventura che, solo che voi lo vogliate, non avrà mai fine e che vi porterà dove non avevate mai sospettato di giungere, in luoghi e in tempi da voi tanto lontani da averli a volte pensati immaginari. Qui probabilmente tutto vi diventerà automaticamente e soprendentemente più chiaro, in quanto vi renderete conto che la storia delle arti marziali nipponiche, o se vogliamo delle arti nipponiche tutte, è molto lunga, e talmente bella da risultare raramente difficile e mai tediosa, mai illogica. Sono i tentativi di riduzione e di semplificazione che possono renderla tale.
Non si meravigli quindi, chi affronta la lettura di Le origini dell’aikidō, se deve cimentarsi, per andare avanti nella comprensione della genesi di una disciplina marziale nata nel XX secolo, con le origini e le modalità di quello sconvolgimento epocale che nel XIX secolo portò traumaticamente alla nascita del Giappone moderno e alla morte, ma ben presto anche alla rinascita sotto nuove forme, di quello tradizionale.
Non si meraviglierà nemmeno, osiamo sperare, se nel capitolo che tratta delle origini delle arti marziali giapponesi dovrà risalire di colpo fino al XV secolo (e solo perché non è disponibile documentazione risalente alle epoche precedenti) e a quelli successivi. E’ un passaggio necessario: solo dopo eterni periodi di guerra ininterrotta in cui i guerrieri potevano dedicare sé stessi unicamente all’azione la pax Tokugawa li costringe a chiedersi le ragioni di una esistenza votata alle armi anche in tempo di pace. Seminando il germe di quelle che saranno alcuni secoli dopo le discipline marziali moderne.
Nulla vorrei dire sui capitoli che trattano dell’humus culturale della mistica ōmotokyō, che ha innescato la maturazione di Morihei Ueshiba e la sua dedizione all’insegnamento della nuova disciplina da lui creata: l’aikidō. Si tratta di nozioni tanto indispensabili quanto refrattarie alla critica o alla presentazione. Leggete, vi basterà.
Voglio dedicare una osservazione al capitolo ove si inizia a parlare dell’aikidō vero e proprio. Ben nove pagine sono dedicate alla definizione del termine ai ki dō, che unisce tre differenti concetti. Di esse, otto saranno impiegate solamente per tentare di rendere al meglio il componente ki. Rifletteteci. E forse non vi basterà.
E’ giunto il momento che io prenda commiato e lasci libero il campo all’autrice. Non prima di una ultima osservazione: al termine di questo libro il lettore dovrà probabilmente constatare che le domande che il testo gli ha posto sono in numero maggiore rispetto alle risposte che gli ha dato. E’ segno – a parere dello scrivente – che il libro coglie il segno. E coglie il suo scopo.
Paolo Bottoni
Dojo Fujimae Pisa