Valeria Giunta
Marici Dojo

A dispetto del titolo, però, devo subito dirvi che questo pezzo lo invierò proprio ad AikiDonna.
Mi presento, sono Valeria, aikidoka da due anni, femmina dalla nascita, donna da qualche anno dopo.
Diciamo che io con il concetto di “donna che fa cose da uomo (siamo sicuri?)” ci gioco a carte fin da bambina. Nasco seconda figlia, di due anni e mezzo più piccola di una sorella già donna alla nascita e di 13 mesi più grande di due fratelli gemelli maschi. Cresco giocando a lotta, a calcio, picchiando i miei fratelli e non solo, sfidando chiunque volesse incasellarmi in una principessa rosa piena di merletti. Se riguardo le mie foto da bambina provo una gran tenerezza verso quello che tutti definivano maschiaccio ma che altro non era che una normalissima ‘femmina’ che faceva cose da bambino/a.

AI KI – calligrafia di Bruno Brugnoli

Ma era dura a quei tempi non essere appellata come maschiaccio se portavi capelli corti e tiravi calci ad un pallone e costruivi armi per giocare a Rambo oppure guardavi ken il guerriero con i tuoi fratelli, perché barbie proprio non ti piaceva…

Ed è dura oggi, a tanti anni di distanza, cercare di spiegare che sei ingegnere come il tuo collega e non dottoressa, e che non vuoi essere maschio in nessun modo, semplicemente hai studiato quello che ti piaceva e lo hai potuto fare. Ed è dura quando senti parlare di gender gap, o di quote rosa, come se ti dessero uno spazio per il solo fatto di essere donna, che è un po’ la stessa cosa di toglierlo solo perché sei donna.

Capisco la buona intenzione degli uomini, nel costruire uno spazio che includa le donne e che faccia in modo che siano trattate ‘come uomini’, ma io NON VOGLIO ‘essere trattata come un uomo’ io voglio essere trattata come un ingegnere quando faccio l’ingegnere, come una compagna quando sono una compagna, come una mamma quando sono con le mie bimbe e come un aikidoka quando sono su un tatami.

Come fa un uomo a capire cosa vuol dire fare le ‘cose da uomo‘ essendo donna, come farà a capire cosa vuol dire praticare ‘in quei giorni lì’, oppure saltare un seminario perché devi stare con le figlie. Come fa un uomo a capire che noi abbiamo bisogno di aggiungere dei laccetti, perché a noi i dogi si aprono in petto, e che ogni volta togliersi orecchini, bracciali e anelli è quasi un lavoro negli spogliatoi. Quale uomo capisce che vuol dire aver dimenticato di portare il reggiseno sportivo e dover lavorare con quel cavolo di ferretto.

Oppure guardare le foto dei seminari e vedere che le donne sono pochissime, e la maggior parte delle volte sono kyu.

No, non lo può capire, ma ci saranno altrettante cose che, forse, noi donne ignoriamo del cosa vuol dire essere uomo nell’aikido per voi…

Mi piacerebbe assistere ad un seminario dove le donne che vestono il nero (che dona anche 😉) siano di numero paragonabile a quello degli uomini, che le insegnanti donne siano riconosciute allo stesso modo, questo si, lo devo ammettere.

Io imparo aikido da un Maestro donna, un grande Maestro donna, e ne sono molto contenta, è una fortuna per me, so che quando dice alcune cose, lei le ha sperimentate sulla sua pelle, e la chiamo Maestro, perché maestra era quella delle elementari, e perché per me è un maestro come tutti gli altri. Non so quanti uomini crederebbero ad una donna che racconta il dolore di un calcio alla parti basse, beh , so che il parallelo non è elegante, ma vi farà capire fino in fondo cosa sente una donna quando un omone ci racconta di come fare le cose ‘senza forza’ e poi usa il suo centro che si porta dietro l’inerzia dei suoi 95kg, mentre io gioco con i miei 50…
Non mi piace che gli uomini si preoccupino di organizzare una ‘lezione fra donne’  l’8 marzo, non me ne voglia chi lo ha fatto… è un po’ come quando scriviamo aikiDonna, vuol dire che normalmente è aikiUomo?

Aikido è armonia e armonia è uomo e donna, o semplicemente un Uke e un Tori, non so se in giapponese abbiano una connotazione prettamente maschile oppure no, ma a me che sono italiana e non giapponese questi due termini non parlano nè di uomo nè di donna. Mi raccontano un tatami, due energie che riempiono uno spazio, mi parlano di armonia e di equilibrio, mi parlano di equilibri che si perdono e si riconquistano, nel rispetto del mio essere persona e non del mio sesso. Mi racconta di uno spazio e di una ricerca che sia mia, non standardizzabile in quella che è una ricerca femminile o maschile. Dimenticavo, le mie figlie fanno aikido, con il mio maestro donna e stanno imparando che AIKIDO non è donna e non è uomo… è aikido!

Questo per dire, che non serve un articolo, non serve un’etichetta per aprire un mondo alle donne, basta lasciare che ognuno entri e trovi il suo posto, nel suo MOnDO, che non potrà mai essere uguale tra uomo e donna e aggiungerei: guai se lo fosse!