di Mariarosa Giuliani
L’insegnamento dell’Aikido ai bambini non può essere la riproduzione delle lezioni degli adulti, perché lavorare con i bambini a livello fisico significa percorrere una via di “alfabetizzazione motoria”. Arrivare alla trasmissione tecnica specifica facendo, prima di tutto, un percorso di sviluppo motorio generale.
Il termine insegnamento in questo caso è limitante, diciamo che più che insegnare è utile lavorare sul potenziamento dello sviluppo delle capacità motorie dei bambini.
Per capirsi, un bambino non impara a camminare perché il genitore gli insegna a farlo. Un bambino ha uno sviluppo che lo porta autonomamente a camminare; d’altro canto questo sviluppo deve essere stimolato da chi lo circonda, ma la metodologia non è quella teorica, quella del dire “è così che si fa”, ma quella pratica, stimolante e incoraggiante.
Quindi l’insegnante costruisce un percorso di potenziamento dello sviluppo motorio, partendo dal concetto che i bambini vanno preparati a poter eseguire qualsiasi attività fisica e che per poter arrivare all’esecuzione corretta delle tecniche, occorre lavorare sulle basi motorie, sviluppando propriocezione, coordinazione, orientamento, attenzione ed equilibrio. A questo aspetto viene dedicata una parte importante della lezione. L’altra parte lavorerà sulla tecnica dell’Aikido che sarà potenziata dalla preparazione motoria di base.
Il lavoro sugli schemi motori viene proposto attraverso il gioco che è la normalità per i bambini. Nel gioco si uniscono la conoscenza corporea, la conoscenza dell’ambiente in cui orientarsi, la propria espressività, la comunicazione, lo sviluppo delle abilità motorie, il rispetto delle regole, la formazione del gruppo, ma anche la crescita cognitiva e lo sviluppo dell’apprendimento.
Quando Francesca (6 anni) arrivò al dojo dopo aver ascoltato le mie risposte alle informazioni richieste dalla madre, mi lanciò una domanda diretta: “Ma in questo Aikido si fa anche la ginnastica?”
Il suo sguardo era cupo e la voce rivelava ansia. Ancor prima di me, la madre intervenne dicendo:
“Francesca, la ginnastica ci vuole sempre per fare riscaldamento”. E lei impulsivamente concluse:
“NO… allora io non vengo, perché la ginnastica non mi piace”.
Mi abbassai sulle gambe per mettere il mio sguardo davanti ai suoi occhi e le risposi: “Francesca noi facciamo tanti giochi che non solo ci riscaldano i muscoli, ma ci fanno divertire molto. Vieni domani a lezione e prova, poi decidi”. Il suo sguardo si distese un attimo e poi si rabbuiò di nuovo. “Io vengo ma non provo, guardo e basta”.
Mentre lei e la madre se ne andavano, mi interrogai molto su cosa fosse quella ginnastica che aveva turbato così tanto Francesca. Aveva un atteggiamento tipo il rifiuto che alcuni bambini hanno verso materie scolastiche che li mettono in ansia quando fanno errori ottenendo valutazioni e giudizi negativi. Chi sa cosa aveva provato, chi sa cosa l’aveva ferita. Avevo anche molti dubbi di vederla rientrare da quella porta perché era stato chiaro che era la madre a volerla iscrivere, ma lei non ne aveva alcuna intenzione.
Si riaffacciarono dopo una settimana sedendosi per osservare, fu lì che avvenne il primo cambiamento. Dopo i primi esercizi con le camminate degli animali. Con i salti “sopra sotto”, con le gambe “apri chiudi”, Francesca si avvicinò a bordo tatami e mentre le dicevo: “Se vuoi giocare con noi sali pure,” saltò sul tappeto e iniziò a eseguire tutti gli esercizi-gioco.
Su quel tatami Francesca è rimasta sei anni e insieme abbiamo imparato una miriade di cose gestendo sviluppi cognitivi ed emozionali che integrandosi hanno cambiato entrambe.
Francesca aveva sei anni. L’età dei bambini dalla scuola materna alla scuola elementare è quella ideale per lo sviluppo degli schemi motori di base e più l’attività è ricca e varia più si sviluppano le capacità coordinative e si apre la prospettiva all’acquisizione delle particolarità tecniche di ogni sport.
Tutto questo si svolge attraverso i giochi motori che rendono la pratica divertente e appassionante per i bambini, stimolando il loro sviluppo.
I principali schemi motori di base che andranno a costruire il movimento volontario e la successiva preparazione tecnica, sono: rotolare, strisciare, camminare, correre, saltare, afferrare, lanciare, arrampicarsi.
Rotolare può essere proposto con l’esecuzione del tronco: due bambini si sdraiano a terra sulla stessa linea, mandano le braccia in alto oltre la testa e si attaccano afferrando con le mani i polsi del compagno. Iniziano a rotolare cercando di mantenersi in linea, andare dritti e arrivare così attaccati fino alla fine del tatami. L’esecuzione precisa non è facile, per diversi aspetti: occorre controllare che le braccia restino stese bene e la teste non si avvicinino, che le gambe siano unite e dritte, che tutto il corpo sia in linea, come un tronco appunto. Altro aspetto è il ritmo di movimento che deve essere in armonia per procedere dritti.
È ovvio che ogni individuo ha le sue peculiarità, ma tutti i bambini hanno comunque una potenzialità di movimento che si sviluppa poi in maniera diversa a seconda delle esperienze motorie dei primi anni di vita. La mancanza di stimoli può rallentare o addirittura bloccare lo sviluppo e rendere i bambini goffi e scoordinati, per cui non lo sono per natura ma lo diventano.
Il nostro ambiente sociale attuale offre ai bambini pochi spazi autonomi dove poter correre, arrampicarsi, lanciare sassi e via dicendo. Rispetto a precedenti generazioni i luoghi in cui viviamo danno poche possibilità di svolgere giochi motori spontanei e questo trasferisce la responsabilità dello sviluppo motorio alle attività in palestra e alle ore di educazione motoria a scuola.
Quindi dobbiamo ricordare che le esperienze dei primi anni di vita sono determinanti, e solo se il bambino riceve la giusta sollecitazione riesce a sviluppare totalmente le sue potenzialità e, come già detto, non si tratta di apprendere coscientemente secondo le spiegazioni di un insegnante, ma di sviluppare le potenzialità attraverso lo stimolo motorio.
In molti bambini che arrivano al dojo questo stimolo motorio manca, e anzi è presente un trattenimento motorio:
“Non correre che ti fai male?”
“Non salire sul muretto che cadi”
“Non ti rotolare per terra che ti sporchi”
In quanti luoghi e da quanti adulti ricevono questi messaggi? Da tanti, troppi, e la cosa inizia non appena cominciano a camminare per proseguire negli anni permeando la loro struttura. Quando propongo degli esercizi acrobatici molti bambini si fermano dicendo:
“No, ma così mi faccio male”
Inutile sottolineare che sono su un tappeto morbido adatto a cadere in totale sicurezza. Sono incuriositi, attirati, ma la mente li frena con l’eco di “…così ti fai male”. Se voglio tranquillizzarli l’unica maniera è metterli accanto a bambini che quegli esercizi li eseguono già, a chi ha già superato quella sottile paura e dimostra loro come tutto sia possibile e divertente.
Mariarosa Giuliani
foto di Simonetta Giuliani
Dojo Fujiyama Pietrasanta