Di Mariarosa Giuliani

Insegnare è un verbo apparentemente semplice, tutti ne conosciamo il significato, eppure se riflettiamo un attimo sul senso che ogni individuo dà a questa parola si apre un mondo.

Il nostro metodo di insegnamento dell’Aikidō si basa sulla co-costruzione della conoscenza per cui l’insegnante non si atteggia come il detentore di un sapere, ma si pone al centro di un apprendimento continuo.

La conoscenza viene continuamente rinnovata e rafforzata. In questo, l’entusiasmo e la passione coinvolgono non solo l’allievo ma anche l’insegnante, potenziando l’apprendimento globale.

 

All’interno del dojo l’apprendimento ha un carattere circolare.

Allievo e maestro sono coinvolti nella dimensione dell’apprendere. È attraverso la relazione e il fare che si rinforzano le competenze del maestro e si sviluppano quelle dell’allievo.

L’energia mentale e corporea circola da maestro a allievo ritornando al maestro. La conoscenza tecnica viene co-costruita, prodotta in gruppo e continuamente rinnovata.

 

 

 

Quando ripenso alle lezioni di apertura del mio corso di Aikidō bambini, rivedo sul tatami otto ragazzini di 8-10 anni che nell’esecuzione di irimi tenkan, procedevano in modi totalmente diversi, eseguendo errori non uguali, né simili.

Irimi tenkan è uno spostamento composto in sostanza da una rotazione con due passi, eppure in così poco movimento c’erano delle differenze abissali.

Nonostante il primo attimo di disagio nel vedere il caos delle esecuzioni, continuai a muovermi in irimi tenkan accanto a loro, senza parlare e lasciando che provassero a riprodurre ciò che vedevano. Iniziai a conoscerli singolarmente, a vedere le diverse cose che ognuno percepiva nel mio movimento, che cosa ognuno riusciva a ripetere, i punti diversi in cui ognuno si fermava, dove ognuno vagava nello spazio perdendo orizzonte e percezione.

Avvicinandomi singolarmente a ognuno di loro, la modalità di correzione cambiava sia fisicamente che verbalmente, dal movimento di ognuno riuscivo a ricevere la comunicazione di quello di cui aveva bisogno per arrivare all’esecuzione corretta. Alla fine se loro si erano avvicinati a un apprendimento di quella tecnica, io avevo appreso una miriade di particolari che sarebbero stati utilissimi per le successive lezioni.

Quindi risulta prezioso insegnare mettendosi continuamente in gioco, ricostruendo in ogni lezione la propria didattica, arricchendola attraverso nuove percezioni che derivano dagli allievi, adeguandola al gruppo che ci si trova di fronte, cambiandola a seconda dell’energia che circola nel gruppo, motivando gli allievi e se stessi con un crescente entusiasmo.

Non si tratta di una riproduzione statica che, nel tempo, porta alla noia, ma di un lavoro in divenire che cresce ad ogni lezione.

Confrontandosi con gruppi sempre nuovi e diversi, la tecnica d’insegnamento, cambia, si rafforza, ottiene feed-back che aiutano a perfezionarla.

Nutrire questo entusiasmo nell’insegnare è prezioso anche a livello emozionale, perché la comunicazione con i bambini diventa stimolante, divertente e suscita emozioni positive che facilitano l’apprendimento.

 

Mariarosa Giuliani
foto di Luca Tesconi
Dojo Fujiyama Pietrasanta