La tradizione guerriera ancestrale del Giappone
Quanto segue è l’estratto di una delle conferenze che Paolo Bottoni propone al termine dei suoi seminari di aikido. Si tratta del testo che accompagna le immagini proiettate nel corso della conferenza e non esaurisce ovviamente tutto l’argomento, che viene sviluppato di volta in volta a seconda del pubblico cui è rivolto, delle loro domande e delle loro reazioni. Chi è interessato a repliche della conferenza può contattare l’autore per email.
Il termine samurai (侍) deriva dall’antico giapponese saburau (侍ふ) che ha il significato di scortare un nobile. Veniva utilizzato per i guerrieri che scortavano durante viaggi e spostamenti i nobili di grado uguale o inferiore al sesto (vediamo nella immagine alcune categorie di nobili di corte).
Col passare del tempo iniziò ad essere pronunciato saburai e infine samurai.
La prima apparizione di questo termine viene fatta risalire all’epoca Heian (平安時代– Heian jidai, 794-1185) nel Kokin Wakashū, opera letteraria composta tra il 905 e il 914.
Gli appartenenti alla nobiltà erano identificati dal termine kuge¸ i membri della classe guerriera, cui appartenevano i samurai, erano invece i buke (武家), termine da cui derivano poi bushi (武士), bushidô (武士道) ed altri ancora.
Nella immagine, proveniente da ricostruzioni storiche contemporanee, il nobile è impegnato nel gioco di corte definito emari, consistente in esercizi di destrezza con una palla.
Il guerriero, in abiti civili, è armato del tipico arco asimmetrico giapponese.
In seguito, in una lunga epoca di guerre di successione, due diverse fazioni della corte si appoggiano alle famiglie di aristocratici guerrieri dei Taira e dei Minamoto.
Questi ultimi arrivano infine a prevalere sul finire del XII secolo con la nomina di Minamoto no Yorimoto a shogun (将軍) ossia comandante in capo.
Il lungo ed ininterrotto periodo di guerra porta alla creazione di una nuova aristocrazia dedita prevalentemente alle armi, che governerà il paese lasciando alla corte imperiale funzioni puramente simboliche. Il governo della classe guerriera assume il nome di bafuku (幕府governo della tenda).
Nella immagine la battaglia navale di Dannoura, nello stretto che separa il Giappone dal continente, in cui il generale Minamoto no Yoshitsune debellò la flotta dei Taira.
In epoca Kamakura (Kamakura jidai – 鎌倉時代– 1185-1333) la parola samurai inizia ad identificare invece prima quei nobili cui venissero di solito conferiti incarichi militari, e più tardi ogni personaggio che venisse selezionato o avesse scelto di incamminarsi sul kyuba no michi (弓馬の道 via dell’arco e del cavallo).
Quella che noi definiamo “via del guerriero” e che viene resa a fine 1800 da Inazo Nitobe con il termine bushidô.
Per distinguerlo dai combattenti di rango inferiore il cavaliere nipponico era infatti anche chiamato yumi tori (portatore di arco).
L’adozione generalizzata di un termine nuovo modifica spesso anche la percezione degli avvenimenti passati.
Uno dei personaggi che maggiormente viene identificato come archetipo del samurai infatti è il principe Minamoto no Yoshitsune (源義経, 1159-1189), che non potrebbe a rigore essere definito tale.
Sia perché vissuto in epoca precedente sia perché appartenente alla più alta nobiltà.
E’ leggenda che il principe Minamoto Yoshimitsu (源義光 1045-1127), appartenente anche esso alla dinastia che prendeva in quel periodo il dominio del Giappone, abbia derivato dalla antica arte del tegoi una nuova disciplina chiamata Daitô ryu (大東流scuola di Daitô) dal nome del castello sede della sua residenza.
I suoi discendenti presero il nome di Takeda (武田) e si trasferirono nello han (藩provincia) del Kai (Yamanashi), che abbandonarono per Aizu (Fukushima) dopo la sconfitta del clan contro Oda Nobunaga nella battaglia di Nagashino (narrata nell’epilogo del film Kagemusha di Akira Kurosawa).
Nella stampa di Tsukioka Yoshitoshi (1879) vediamo Minamoto no Yoshimitsu intento a istruire Toyohara no Tokiaki nell’uso dello strumento musicale chiamato shô (non dissimile dal flauto di pan)
Agli inizi del XX secolo il depositario della scuola, Takeda Sokaku, trasmise le sue conoscenze a Ueshiba Morihei, che ne trasse ispirazione e i fondamenti tecnici per la creazione dell’aikidô (合気道).
L’epoca delle grandi battaglie
I cambi dinastici o epocali era contrassegnati in Giappone dal nome della nuova capitale: il passaggio da una fase all’altra dell’esistenza, sia degli esseri umani che delle istituzioni, viene spesso esaltato nelle società tradizionali da un segno esterino tangibile del cambiamento: in Giappone si cambiava spesso nome, quando si cambiava il proprio percorso di vita. Le civiltà iniziavano un nuovo corso trasferendosi in un nuovo centro di potere..
Abbiamo così l’epoca Nara, Heian, Kamakura (inizio del dominio degli shogun) e Muromachi, (distretto di Kyoto ove risiedevano gli shogun della dinastia Ashikaga).
Dopo un lungo periodo di guerre civili nel 1603 inizia l’epoca Edô (Tokyo) che termina nel 1868 assieme all’epopea samurai.
Imperatori e shogun continuarono ad appoggiavarsi nel corso dei secoli precedenti ad una fitta rete di daimyô (大名 grande nome) e hatamoto (旗本 alfiere), termine preferito allo scortese shomyo (piccolo nome). Particolarmente agguerriti i feudi del sud che dovevano contrastare invasioni (mongoli) e pirateria (Corea e Cina)
Nelle dimore dei daimyo una parte chiamata samurai dokoro era riservata ai saburau mono al loro servizio.
Già il primo shogun Minamoto no Yoritomo formalizza l’istituzione del samurai dokoro, un organo collegiale preposto al governo dei guerrieri del feudo (gokenin), ponendone a capo Wada Yoshimori con Kajiwara Kagetoki come secondo.
Col tempo vengono affidati ai samurai dokoro anche compiti amministrativi e di polizia, oltre che di organizzazione militare.
I samurai combattenti furono più tardi divisi in tre classi:
gli shichū che potremmo definire di prima classe,
gli yoriai di seconda classe, addestrati all’uso di armi complesse come l’arco
gli ashigaru (足軽 piedi leggeri) di terza categoria, armati di mezza armatura e lancia che costituivano come dice il loro nome dei corpi di fanteria leggera.
La classe samurai era divenuta costantemente più influente durante le numerose guerre, rivolte e tentativi di invasione dal mare che turbarono l’epoca Kamakura.
In questa epoca si afferma anche il pensiero di numerose scuole buddiste, che influenzeranno l’etica samurai.
Nei monasteri si praticano spesso le arti marziali, ed i monaci guerrieri vengono chiamati yamabushi (山臥guerrieri della montagna).
Nel successivo periodo Nanbokuchô – Muromachi (1334–1573) queste correnti di pensiero continuano ad influenzare la cultura samurai.
Il tramonto del potere imperiale e degli shogun Ashikaga origina sul finire dell’epoca Muromachi una sanguinosa guerra di successione, durata quasi 100 anni e conosciuta col nome di Sengoku jidai (epoca degli stati combattenti).
A partire dal 1573 il relativamente breve periodo in cui i contendenti alla successione shogunale si confrontano in battaglia viene chiamato Azuchi-Momoyama jidai.
I protagonisti assoluti sono tre grandi guerrieri: Oda Nobunaga, Toyotomi Hidyoshi e Tokugawa Yeyasu.
Scomparsi i primi due, Tokugawa rimarrà incostrastato dominatore del Giappone ed inizierà la nuova dinastia shogunale che da lui prende nome.
Nell’ottobre del 1600 Tokugawa Yeyasu ottiene una decisiva vittoria contro i successori di Hideyoshi nella grande battaglia di Sekigahara.
Da quella data inizia l’Edô jidai, così chiamata dal nome della nuova capitale, l’attuale Tokyo.
La residenza imperiale rimane tuttavia a Kyoto.
Questa epoca, chiamata Tokugawa jidai, viene spesso definita come pax Tokugawa.
Lo shogunato Tokugawa programma infatti una lunga serie di provvedimenti per impedire il ripetersi dei conflitti.
L’enorme numero di samurai reso necessario dalle continue guerre diviene sovrabbondante in tempo di pace.
Ne nascono complessi conflitti sociali, che solo gradualmente trovano soluzione.
Paolo Bottoni
Dojo Fujimae di Pisa
www.aikidopisa.it