Sabato 6 aprile, approfittando della pausa dalle lezioni all’università, partiamo alla volta di Bologna per un seminario con Bodo Rödel, VI Dan, allievo del M° Tissier, direttore didattico della Aikido Schule Köln, nonché rinomato tecnico alemanno.
Siamo io, Giulia e Flora dal dojo di Pistoia: partiamo di mattina, non troppo tardi, per concederci un giro nel centro del capoluogo ed un pranzo in tutta calma prima dello stage.
Dopo la passeggiata ed il rifocillamento, ci avviamo verso il dojo, dove incontriamo Bodo con Eniko, la sua compagna.
Decidiamo di strafare allungandoci ad un bar per consumare un qualcosa tutti assieme e fare due chiacchere in inglese; i minuti passano piacevolmente ed in poco arriviamo già all’orario in cui i cancelli della palestra scolastica, in quella data dojo, si aprono. Ci avviamo verso il luogo del seminario a passo d’uomo, ma pronti a cominciare.
Io sono abbastanza emozionato, non vedo Bodo sul tatami da qualche mese, precisamente dallo stage di Berlino di novembre 2023, purtroppo non riuscii in quell’occasione a praticare con lui. Provo sempre un po’ di trepidazione quando posso avere a che fare sul tatami con quelle figure che da ragazzo, quando ero ancora grado kyu, vedevo nei video delle dimostrazioni, oggi sono sul tatami con loro, pronto a “rubare” con gli occhi qualunque loro movimento.
Ad accoglierci troviamo Miklos, padre di Eniko che da circa un anno e mezzo si è stabilito nella regione. Budopass sul tavolo, paghiamo l’onere, keikogi indosso e saliamo sul tatami. La palestra è grande con un tatami disposto ad L, insolito, ma, a mio dire, per niente male! Talvolta conta la praticità, non troppo l’estetica (almeno per quanto concerne le palestre).
Non siamo molti, ma è risaputo che il numero di praticanti presenti è inversamente proporzionale al tempo che un insegnante può dedicare alle spiegazioni singolari o dei piccoli gruppi; pertanto, vediamo in positivo la cosa considerando che l’insegnante può dedicarsi a tutti con particolare attenzione. Da subito, Bodo mi sorprende, passando in rassegna Irimi tenkan. Per quanto possa sembrare una cosa banale, è stato il contrario. Negli ultimi anni, infatti, si sta molto riscoprendo la figura di uke, da tempo divenuta un po’ troppo succube dei movimenti che nascono dai vizi dell’Aikido. Ciononostante, gran parte degli aikidoka prosegue questo gioco delle parti senza realmente comprendere il corretto atteggiamento da tenere e il reale scopo di quel che viene fatto. I movimenti, che sono e devono essere costruiti, però sono portati, solitamente, al livello dell’attaccante blando, senza un minimo approccio critico verso sé stessi.
(Disclaimer: non si parla di attacco reale/da strada/violento e/o di applicazione, ma soltanto di forma mentis che si dovrebbe avere)
– Piccola digressione: Credo di potermi sentire fortunato considerando che gli ultimi seminari che ho organizzato ed a cui ho partecipato erano, in un modo o nell’altro, incentrati su ciò: gli stages condotti da Nino Dellisanti, rimarcando il concetto nell’utilizzo di bokken e jo, Francesco Dessì ed Alessio Autuori soprattutto contenevano i concetti di un uke reattivo, preparato al breve futuro della tecnica a seguire e sul timing. Anche nei loro confronti è doveroso un ringraziamento, essendo i principali tecnici responsabili della mia formazione (oltre a Michele Mazzi che ringrazio e ringrazierò sempre per avermi introdotto a questa linea tecnica di Aikido). –
Tip del seminario: Uke segue, attacca in modo quasi persecutorio, mettendo pressione con il contatto. Non è un bruto, ma neanche un fantoccio di pezza. È (cerca di essere) misurato, calmo nella sua intenzione, determinato e limpido nel suo atteggiamento.
Il lavoro continua a svilupparsi su di una base classica: si aggiunge un Katate Dori, tori ed uke applicano il tai sabaki suddetto e, dopo un po’ di scambi, si aggiunge uno Shiho Nage Omote.
La parte interessante ora è il controllo della distanza. Le due figure possono scegliere: tori può riallontanarsi (solo col corpo, non con l’intenzione) oppure può fornire informazioni al “ricevitore” stimolando in esso la ripresa di distanza adatta.
Il lavoro evolve poi in Yokomen Uchi, sviluppando la stessa proiezione e poi il sempre evergreen Ikkyo. Da questo punto la ricerca sarà focalizzata sulle forme omote, interna ed esterna: oltre ad irimi tenkan il focus passa ad un irimi kaiten direzionato dapprima a 90° rispetto alla direzione di partenza, poi a 45° (per essere più chiaro: si effettua un passo lateralizzato con kaiten ortogonalmente alla posizione iniziale). I livelli di difficolta crescente sono risultati 3, passando dalla statica, alla reazione all’attacco di uke senza bloccarsi sulla posizione facendo la tecnica direttamente al chiudere l’angolo di lavoro, massimizzando la fluidità.
Per concludere, la pratica è passata ad un te awase, sempre incentrato sul comportamento di uke, pratica sempre piacevole e da esercitare. Da quest’ultimo lavoro si è giunti a 2 forme molto belle di Kokyu Nage, ottenute proprio dal movimento e dalla “pressione” esercitata da uke.
Le 2 ore di pratica volano e, seppur i lavori non siano stati una miriade, sono state poste basi più che solide ricercando ed applicando i principi della pratica in entrambe le parti coinvolte. In sintesi: una pratica raffinata, seppur essenziale esteticamente.
Ho reputato tutto ciò importante per la mia pratica
Un sentito ringraziamento per la giornata di pratica va a Giulia e Flora per aver partecipato con me al seminario, all’organizzazione, a tutti i praticanti e, soprattutto, ad Eniko e Bodo!
A presto!
__
Questo scritto non vuole essere un vero resoconto dello stage a cui ho avuto il piacere di partecipare, ma un invito ad ognuno a cercare di migliorarsi ed essere dei buoni uke, non vittime del ruolo, o quantomeno non oltre una tolleranza che, a mio dire, i Nostri tecnici, di qualunque scuola di Aikido essi siano, sono in grado di fornirci.