- Come ci si sente ad essere un’aikidoka che ha intrapreso un percorso professionale nel mondo dell’Aikido, iniziando a godere di credibilità e apprezzamento?
Innanzitutto, grazie per l’invito a questa intervista per ProgettoAiki. Per me partecipare a quest’intervista è un grande onore. Comincerei col dire che non sono un’aikidoka professionista. Oltre all’Aikido, infatti, faccio un lavoro normale come medico, in ambito psichiatrico, nello specifico tratto persone con disturbi da dipendenza, ma ho un carico di lavoro ridotto lì per avere più tempo per l’Aikido. Più avanti con l’intervista vi farete un’idea migliore della mia “altra vita” fuori dal tatami.
Quanto alla tua prima domanda, non ci si sente diversi. Il mio approccio verso come vivo l’Aikido sopra e fuori dal tatami non è cambiato negli ultimi anni. Mi piacciono vari tecniche e movimenti dell’Aikido, e questo piacere mi accompagnerà sempre.
- Essere una donna ti ha ostacolata nel tuo percorso da aikidoka?
Negli ultimi anni, ho sentito alcune domande simili in materia. Per me è importante sottolineare che sono innanzitutto una persona a cui piace l’Aikido. Ciascuno ha la propria energia e, nella pratica, visione della tecnica marziale, in base a come corpo e mente sono formati. Ognuno impara con i propri tempi e condizioni.
Non mi piace essere ridotta “ad una donna” nella vita e nell’Aikido. Le persone sono molto di più del loro “puro genere”. Sono una persona versatile che cambia ed evolve continuamente. Il mio Aikido di dieci anni fa è completamente diverso da quello che è oggi. Sono interessata ad aspetti diversi della pratica rispetto alla me di dieci/quindici anni indietro, inoltre, non so cosa troverò di entusiasmante nell’Aikido tra dieci o venti anni. La nostra disciplina offre una vasta gamma di opportunità per crescere.
Vorrei raccontare una storiella degli inizi del mio viaggio nell’Aikido. Il mio maestro è Christian Tissier Shihan e l’ho conosciuto in giovane età. A undici anni, l’ho visto per la prima volta a un seminario: si è avvicinato e mi ha spiegato alcuni dettagli in inglese, che all’epoca naturalmente non capivo, ma è stato paziente e mi ha mostrato i movimenti finché non sono riuscita a replicarli. Fin da giovane, ho avuto la fortuna di imparare molto da lui. Non credo che i grandi maestri come lui facciano distinzioni in base al genere. Cercano di vedere se una persona è interessata e dopo forniscono il loro input, cercando di trasmettere motivazione ed entusiasmo. Mi ha aperto la porta su un mondo dell’Aikido unico, attraverso i suoi seminari e gli altri aikidoka di alto livello che hanno frequentato quell’ambiente per decenni. Alcuni di loro, adesso, sono VI o VII Dan o perfino Shihan.
Una volta raggiunto un certo livello, Christian mi ha presentata ad altri Shihan in modo che potessi allargare i miei orizzonti e avere più spunti. Era importante per lui che io andassi in Giappone e ampliassi la mia prospettiva per essere in grado di fornire un’istruzione migliore. Quindi sono stata fortunata ad avere la possibilità di allenarmi all’Hombu Dojo e anche al dojo di Yoko Okamoto con la Shihan stessa. Inoltre, ho frequentato i seminari di Tsuruzo Miyamoto Shihan per molti anni, oggi quindi riesco a sperimentare un Aikido completamente diverso. Se ci penso, ho avuto ed ho tutt’ora il grande privilegio di poter apprendere tanto Aikido, in più stili. Non credo che il mio genere abbia giocato un ruolo nel mio percorso da aikidoka e nella mia crescita.
Purtroppo però, durante la mia adolescenza, ci sono stati adulti che non mi rispettavano. Allora ero più o meno un I Dan e pesavo pochissimo. Gli adulti che erano meno tecnicamente preparati cercavano sempre di darmi consigli e con la loro maggior forza fisica, ma più scarsa tecnica, cercavano di mostrarmi l’esecuzione corretta.
Quel periodo mi ha plasmata: nel mio lavoro da aikidoka, sono diventata decisamente più pesante sia muscolarmente che nell’esecuzione, affinando anche le mie tecniche. Gli adulti erano stupiti e talvolta mi evitavano perché sapevano che avrebbero sudato parecchio praticando con me; ogni tanto non riuscivano a stare al passo con i miei ritmi e con la mia intensità di pratica. Attorno ai vent’anni, ero mentalmente capace di adattarmi molto meglio e ho sempre guardato chi mi allenava con lo stesso atteggiamento con cui si approcciava a me. Il comportamento irrispettoso che si verificava nella mia adolescenza non si è più ripetuto da allora. Non so come gli altri adolescenti si sentano o si siano sentiti. Immagino che ragazze e ragazzi abbiano esperienze simili.
- Hai avuto o pensi che avrai più ostacoli di un uomo a importi e guadagnare credibilità nel panorama aikidoistico?
Per le donne è più difficile affermarsi come insegnanti di Aikido. In Giappone, è addirittura più difficile trovare il proprio posto, suppongo. Yoko Okamoto ha avuto successo in Giappone e Micheline Tissier Shihan in Europa. Credo che questa generazione abbia spianato la strada per le prossime. Ad esempio, Hélène Doue ha praticato Aikido professionalmente per anni e ha visto Micheline Tissier ogni giorno. Per questa generazione, era già normale vedere donne altamente qualificate a capo di dojo o tenere dei seminari. Per me, Micheline e Hélène erano sempre sul tatami ed era piuttosto naturale vedere donne altamente qualificate. Era ed è realtà, ed è bello vedere come queste donne abbiano ricevuto tanti riconoscimenti quanto gli uomini che sono altrettanto attivi nell’Aikido.
- È difficile essere a capo di un Dojo per una donna?
No. Gestisco il nostro dojo, l’Aikido Zentrum Basel, insieme al mio partner Jan Sauermann. È un caso speciale in cui due persone sono a capo di un Dojo, il che non è troppo comune. Non vedo nessuna differenza, però. Facciamo ciò che pensiamo e siamo costantemente alla ricerca di modi in cui noi e il Dojo possiamo migliorare. Finora, non ho sperimentato alcuno svantaggio in quanto donna, ma è abbastanza difficile costruire un Dojo efficiente. Ci sono molte cose di cui tenere conto: prima di tutto, la qualità dell’Aikido deve essere buona.
Una volta che si è raggiunto un certo livello e si ha il supporto del proprio insegnante per aprire una scuola, deve essere sviluppato un piano di allenamento ben strutturato. Gli studenti apprendono maggiormente quando le classi sono costruite le une sulle altre. Poi c’è l’altrettanto essenziale parte del “fuori dal tatami”. C’è bisogno di un posto per fare pratica, contratti di membership e comprensione dei social media per attirare nuovi membri. Se hai un gruppo ristretto, hai necessità di capire come rendere stimolante ogni sessione di allenamento affinché molti studenti restino e interagiscano tra loro, stringendo amicizia o comunque un buon rapporto. C’è parecchio da fare in un Dojo. Penso che rendere l’Aikido accattivante e attirare più persone sia la sfida comune a tutti i Dojo-Cho. Se vuoi sapere qualcosa di più sull’argomento, posso fornirti il link di un’altra delle mie interviste.
- I problemi che hai avuto e che devi affrontare per questo ruolo sono più grandi, secondo te, perché sei una donna?
Come già detto, penso che rendere l’Aikido accattivante e attirare più persone sia la sfida comune a tutti i Dojo-Cho. Non si hanno quindi distinzioni.
- Cosa pensi che possa essere fatto per attirare più donne nel mondo dell’Aikido e, una volta incluse, evitare la loro dispersione?
Hmm… non sono sicura che questa sia la domanda giusta. In realtà, dovremmo chiederci come possiamo ispirare più persone per l’Aikido a prescindere dal genere. Personalmente, mi piace allenarmi con gli uomini. Non perché siano uomini, ma perché mi piacciono le persone che si divertono con l’Aikido. Il genere è del tutto irrilevante per me. Sono interessata alle persone e all’Aikido su cui lavorano o che condividono con me attraverso il movimento. Alcuni aikidoka che conosco da tempo sono diventati amici stretti, come Christophe Depaus Sensei (Belgio) e Cécile Rayroles Sensei (Francia). Condivido con loro molto della mia vita e ovviamente anche dell’Aikido. Oltre questa disciplina, si sviluppano delle amicizie profonde e riconoscenti, che non mi voglio perdere.
Personalmente, penso che dovremmo rivolgerci a più giovani. Per questo, abbiamo bisogno di usare i loro canali, come i vari social media. Di sicuro aiuta ad avere insegnanti giovani o assistenti con cui le generazioni più giovani possano identificarsi. Senza questi modelli di riferimento, sarà difficile far entrare i giovani nel Dojo. È anche importante creare un’atmosfera di amicizia, benevola e accogliente per i nuovi arrivati. Gli aikidoka giovani e tecnicamente preparati dovrebbero osare aprire i Dojo e compiere i prossimi passi per far avanzare l’Aikido. Avremo bisogno di donne e uomini allo stesso modo per questo. A volte gli aikidoka più giovani sono troppo timidi e non rischiano.
- Pensi che ci sia sostanzialmente parità di genere nel mondo dell’Aikido o ci sono ancora pregiudizi e/o discriminazioni?
Phew, un’altra domanda delicata. Penso che l’Aikido sia fondamentalmente un’arte marziale. Storicamente, le arti marziali tendevano ad attirare più gli uomini che le donne. Ci sono anche discipline come la danza e lo yoga che attraggono nettamente più donne che uomini. Perdonami se semplifico le cose con il genere ed escludo le persone non binarie. Trovo la questione di genere inappropriata nell’Aikido, ecco perché non mi ci soffermo troppo. In genere, gli uomini saranno più interessati alle arti marziali rispetto alle donne. Di conseguenza, la piramide corrisponderà alla percentuale di individui altamente qualificati. Nel nostro Dojo, circa il 40-45% è composto da donne, ma questo è avvenuto solo con il passare del tempo. All’inizio, l’80% erano uomini. Credo che le ragazze che erano già nel Dojo si sentissero a loro agio, e le altre donne sono state accolte calorosamente. Questo ci ha permesso di aumentare gradualmente il rapporto. Avere un’insegnante donna aiuta, di sicuro. Non facciamo distinzioni tra studenti durante l’allenamento. Quelli che sono maggiormente presenti sono quelli che vengono promossi di più.
Ho notato che l’IAF (International Aikido Federation) sta affrontando la questione e ha già intervistato numerose donne altamente qualificate a tal proposito. La visibilità delle donne di talento aiuta per certo ad attrarre gli altri. Yoko Okamoto Shihan e Michelle Tissier Shihan sono state le prime donne ad insegnare durante l’International Aikido Congress in Japan, organizzato dall’IAF, nel 2012. Da allora, sono state rappresentate come insegnanti ad ogni Confresso IAF. Sempre più donne, come Janet Clift, stanno ottenendo questo privilegio. Ai Giochi mondiali 2022, una donna altamente qualificata, Patricia Hendricks Shihan, ha rappresentato l’Aikido su scala globale. Inoltre, ai World Combat Games in Arabia Saudita del 2023, si sono assicurati che fossero presenti abbastanza donne con una presenza di alto livello.
Per me, è importante che uomini e donne non vengano messi gli uni contro le altre. Preferirei che usassimo il termine aikidoka. Si tratta dell’interazione tra persone in un’arte marziale e possiamo imparare gli uni dagli altri a prescindere da rango e genere.
Un’interazione rispettosa e benevola dovrebbe prendere forma in base a tutte le persone e ai loro contatti con gli altri, indipendentemente dal contesto. Nel mio lavoro da medico, parlo spesso con persone che hanno perso ogni rete sociale: spesso non hanno un posto in cui dormire né cibo a sufficienza e hanno vissuto terribili esperienze di violenza fisica e psicologica. Con l’uso di stupefacenti, cercano di dimenticare le brutte esperienze e si anestetizzano dalle loro emozioni. Sperano in un paio di bei momenti di vita. Queste persone sono in uno stato terribile e vivono poche interazioni interpersonali rispettose. Sono davvero grata di avere modo di sperimentare questa parte della vita e di poter alleviare un po’ di dolore. Rispetto a loro, è un privilegio per noi aikidoka quello di praticare l’Aikido e avere la possibilità di conoscere molte persone da luoghi e culture differenti. Un’interazione rispettosa dovrebbe essere sempre una priorità nella comunicazione, che sia verbale o non, su o fuori dal tatami.
“Il vero Budo è la protezione di tutti gli esseri con uno spirito di Riconciliazione. Questo significa permettere il compimento della missione di tutti.”
Morihei Ueshiba