di Paolo Bottoni
Dojo Fujimae Pisa
Una intervista a distanza, date le ben note circostanze del momento. Ma distanze di pensiero molto ridotte e senzaltro piacevoli, perché arricchenti, perchè regalano qualcosa in più o ti fanno scoprire qualcosa in più di cui avevi tardato fino ad allora a renderti conto. Le affinità e le diversità, nelle esperienze e nel pensiero, servono entrambe: per affrontare l’aikido e per affrontare la vita.
Cosa ti hanno dato i tuoi Maestri e cosa hai “invece” preso?
Ho iniziato a praticare che ero molto giovane presso il Dojo dei Monopoli di Stato dell’Aikikai d’Italia a Roma, era il 1970. Il primo incontro con l’Aikido fu tramite la signora Carla Simoncini meglio conosciuta come Carla Chierchini, prima donna shodan in Italia. All’epoca erano poche le donne che praticavano arti marziali, l’ambiente era fortemente maschile, ma in quell’anno nacque il primo corso di aikido femminile.
Respirare l’aria di un dojo per la prima volta mi metteva una certa ansia ed ero piuttosto intimorita nell’intraprendere quella nuova avventura. Il fatto che l’insegnante fosse una donna, la sua personalità, il forte temperamento che comunque non riusciva a nascondere la premura per noi allieve, il vedere la maestra Carla muoversi sul tatami con sicurezza ed eleganza, mi fece abbandonare ogni timore e cominciai a pensare che anche una donna avrebbe potuto farcela.
Così, grazie alla maestra Carla Simoncini acquistai sicurezza in me stessa, scoprii l’agilità e la scioltezza che non sapevo di avere e mi appassionai all’Aikido.
Dopo un paio di anni, il corso femminile divenne misto e fu affidato al maestro Gianni Cesaratto.
Chi ha avuto il piacere di conoscere entrambi sa che la maestra Carla e il maestro Gianni rappresentavano, almeno fisicamente, la differenza tra uomo e donna.
Ciò avrebbe potuto creare in me un certa preoccupazione, ma il maestro Cesaratto trasmetteva una serenità ed un’umanità incredibili.
Sebbene i maestri italiani fossero più pragmatici di quelli giapponesi, il maestro Cesaratto è stato quello che più mi ha avvicinato alla spiritualità e alla cultura dell’Aikido.
Al maestro Cesaratto seguì il maestro Stefano Serpieri con la sua passione, potenza e calore umano.
Nel frattempo, con gli allenamenti da lui guidati, mi irrobustivo fisicamente e crescevo tecnicamente.
La vicinanza al dojo dei Monopoli, favoriva le occasioni di incontro con i maestri giapponesi che insegnavano al Dojo centrale.
Nei primi anni 70 il maestro Tada era tornato in Giappone e il maestro Yoji Fujimoto lo aveva sostituito. Il maestro Fujimoto era sempre sorridente, disponibile, appassionato e di grande profondità d’animo. Di lui conservo nel mio cuore un vivido ricordo.
Nel 1974/75 lasciai l’Aikikai ed entrai nel settore Aikido della FIK (Federazione Italiana Karate) al tempo guidato dal maestro Motokage Kawamukai. Da allora, il maestro Kawamukai mi ha accompagnato nella mia carriera di aikidoka e mi ha incoraggiato ad esprimere la neutralità di genere propria dell’Aikido.
Nel 1993 l’incontro con il maestro Christian Tissier ha segnato l’avvio di un nuovo inizio. In questi ultimi 30 anni il maestro mi ha guidato nel percorso verso la maturità ed è sicuramente l’artefice del mio progresso come praticante e come insegnante.
Sulla mia strada ho avuto l’onore di incontrare molti maestri e mi piace pensare di aver trattenuto da ognuno, almeno una briciola di quanto mi abbia dato.
Ed ora, se potessi invertire la domanda, vorrei chiedermi: Cosa hanno preso i miei maestri da me? Per usare un classico modo di dire: i migliori anni della mia vita. Ero molto giovane e ho dato loro tutta la mia passione, l’affetto, l’incondizionato rispetto, il tempo, vivacità e speranza. Speranza nel futuro, nel momento in cui continuando a praticare, ho proseguito il cammino dell’Aikido, forse sì, forse no, sulla strada da loro segnata.
Il libro
Il tuo libro (ne parliamo qui) è ormai in giro da parecchi anni: quali sono state le reazioni che ti hanno colpito di più? E hai notato cambi di atteggiamenti, sul tatami o fuori, in chi l’ha letto o magari discusso?
L’accoglienza del libro, appena pubblicato, non fu la stessa in tutti gli ambienti e mi creò non pochi problemi laddove proprio non me lo sarei aspettato.
Invece, mi colpì molto il maestro Francesco Verona, allora presidente dell’Aikikai d’Italia, che ne richiese diverse copie. Mi domandai cosa avrebbero pensato, leggendolo, i praticanti dell’Aikikai che non mi conoscevano o che ormai non mi ricordavano più.
Certamente il fatto che persone sconosciute possano leggere qualcosa che hai scritto e che possano condividere o meno i tuoi pensieri è alquanto sconvolgente.
La prima edizione (2000) non ebbe una buona distribuzione e non ricevetti particolari riscontri.
Con la seconda edizione (2014) ci fu una migliore divulgazione e, inoltre, la veicolazione su internet ha fatto sì che il libro cominciasse a circolare sui social e un certo numero di praticanti venissero a conoscenza della sua pubblicazione.
Non ho notato cambi di atteggiamenti nei miei confronti se non che ai soliti che mi chiedono: “Tu sei Elena Gabrielli?” in virtù della mia anzianità sul tatami, si siano aggiunti quelli che domandano: “Hai scritto un libro?!” E io spero che l’abbiano letto.
E io, l’intervistatore, spero che l’abbiano “capito”, non intellettualmente ma con anima e pelle, e ne traggano esempio e sprone.
Nota: Carla Simoncini ha recentemente rilasciato al figlio Simone Chierchini una intervista – il link è anche nel testo dell’articolo – in cui ricostruisce la sua esperienza come praticante e insegnante nei cosidetti “anni eroici” dell’aikido. Gianni Cesaratto è purtroppo mancato non molto tempo fa, dopo una vita dedicata all’aikido, nell’Aikikai d’Italia e poi nella associazione Aiko. Stefano Serpieri ci ha lasciato prematuramente, nel 2004. Oltre la pratica e l’insegnamento sul tatami rimane di lui nel ricordo di chi lo ha conosciuto il forte impulso dato alla gestione amministrativa dell’Aikikai d’Italia e alla rivista Aikido. tuttora l’unico periodico italiano dedicato all’aikido. Anche il maestro Fujimoto (1948-2012) e Francesco Verona non sono più su questa terra assieme a noi.