di Stefania Scagnetti
Jiku asd di Roma

Condivido di seguito il monologo scritto da Stefano Bartezzaghi, giornalista e semiologo, recitato con grande maestria da Paola Cortellesi durante la premiazione dei David di Donatello nel 2018.
La prima volta che l’ho sentito ne rimasi colpita: in pochi minuti ha messo in evidenza tutte le “piccole” e apparentemente insignificanti discriminazioni che contengono le nostre parole e che ruotano attorno al ruolo delle donne.

«È impressionante vedere come nella nostra lingua
alcuni termini che al maschile hanno il loro legittimo significato,
se declinati al femminile assumono improvvisamente un altro senso,
cambiano radicalmente, diventano un luogo comune,
un luogo comune un po’ equivoco che poi a guardar bene è sempre lo stesso,
ovvero un lieve ammiccamento verso la prostituzione.
Vi faccio degli esempi.

Un cortigiano: un uomo che vive a corte;
Una cortigiana: una mignotta.
Un massaggiatore: un cinesiterapista;
Una massaggiatrice: una mignotta.
Un uomo di strada: un uomo del popolo;
Una donna di strada: una mignotta.
Un uomo disponibile: un uomo gentile e premuroso;
Una donna disponibile: una mignotta.
Un uomo allegro: un buontempone;
Una donna allegra: una mignotta.
Un gatto morto: un felino deceduto;
Una gatta morta: una mignotta.
Non voglio fare la donna che si lamenta e che recrimina,
però anche nel lessico noi donne un po’ discriminate lo siamo.
Quel filino di discriminazione la avverto, magari sono io, ma lo avverto.
Per fortuna sono soltanto parole.
Se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri,
un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell’incredibile,
frasi offensive e senza senso come queste.
“Brava, sei una donna con le palle”, “Chissà che ha fatto quella per lavorare”,
“Anche lei però, se va in giro vestita così”, “Dovresti essere contenta che ti guardano”,
“Lascia stare sono cose da maschi”, “Te la sei cercata”.
Per fortuna sono soltanto parole ed è un sollievo sapere che tutto questo finora da noi non è mai accaduto.»

 

Queste parole sono forti e rimangono impresse.
Ma sono convinta che molte cose stanno piano piano cambiando.
Non si tratta di “politically correct” che, a volte, sfugge di mano, bensì di sensibilità.
Una sensibilità che rivedo anche nel mio dojo: sarà che sono rappresentata da una maestra come Elena Gabrielli, che si è sempre distinta e ha contribuito a tenere alto il valore delle donne nell’Aikido, sarà perché ho la fortuna di praticare con compagni uomini che ti fanno sentire parte di una bella “camerata” in cui si scherza, si ride, c’è armonia e rispetto reciproco…
Saranno tanti fattori, eppure quella sensibilità del far cambiare le cose io la sento e mi auguro che sia sempre una continua evoluzione: di mente, di cuore… di umanità.

A questo link il monologo recitato.

In copertina ‘aiki onna in enso’
calligrafia di Bruno Brugnoli