di Paolo Bottoni
Dojo Fujimae Pisa

 

La rappresentazione della bellezza femminile, in ogni sua forma, ha attratto e ispirato i massimi artisti di ogni epoca e di ogni cultura. In Giappone fiorisce nel corso del XVIII secolo tra i sommi artisti delle rappresentazioni del mondo fluttuante (ukiyo-e) il genere bijinga: l’idealizzazione della bellezza femminile, che richiama all’essere umano l’armonia con cui si esprimono l’universo e la natura e lo vincola ad essa.

Per quanto si tratti di bellezze ideali, quasi transumanizzate, rese con caratteristiche particolari considerate di grande attrazione, come la snellezza del corpo e la spontanea grazia e serenità degli atteggiamenti, l’artista prende spunto e riferimento dalla realtà, collocando i suoi soggetti in ambientazioni naturalistiche e in atteggiamenti quotidiani e attribuendoli a categorie umane ben identificabili.

Siano esse delle geisha, delle nobildonne o delle bellezze incontrate casualmente e di cui nulla si sa oggi come nulla ha potuto sapere a suo tempo l’artista, catturandone la bellezza nel ricordo fugace ma indelebile fissato nella sua mente, attraverso la sua anima.

In questo breve excursus nell’armonia muliebre, nella speranza e fiducia che ci aiuti nel trovare e mantenere la nostra armonia interiore, ci guideranno dei nomi destinati a all’eternità: Utamaro, Hokusai, Hiroshige… E non solo.

 

Ishikawa Toyonobu

Nel XVIII secolo gradatamente l’ideale della bellezza femminile presta meno attenzione all’ambiente in cui è avvenuto di osservarlo e si concentra piuttosto sulla naturale grazia degli atteggiamenti e delle espressioni.

Anche e forse soprattutto nei gesti della vita quotidiana, spesso e sempre più spesso associando la bellezza muliebre alla bellezza della natura, nei molteplici aspetti che vengono offerti dall’alternanza delle stagioni.

Ishikawa Toyonobu (1711-1785) in questa stampa (particolare) a 3 colori, tecnica definita benizuri-e ossia immagine stampata in rosa – porta fino a noi il ricordo di una fanciulla intenta a una danza solitaria con ventaglio. Il suo kimono è decorato con motivi floreali stagionali .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kitagawa Utamaro

Il maestro indiscusso del genere bijinga è Kitagawa Utamaro (1753-1806), artista poliedrico e dalla vita movimentata e tormentata, che viene spesso anche definito il pittore delle donne. Questa stampa del tipo okubi-e (ritratto in primo piano) risalente al 1790 circa venne commissionata all’artista dall’editore Tsutuya Juzaburo.

La giovane, raffigurata in una posa di servizio, sta maneggiando il piattino che viene posto sotto la tazza di the.

E’ una bellezza riconosciuta e conclamata del quartiere di Yoshiwara ove gestiva appunto una casa da the: Kikumoto Ohan.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Kitagawa Utamaro

Utamaro affina col tempo la sua arte, arrivando così a proporre un modello in cui convivono differenti concetti che potevano sembrare prima di lui inconciliabili. La bellezza muliebre si affina, si sublima, fino a divenire un modello ideale, quasi astratto, eppure sorprendentemente reale, non semplicemente realistico.

Il personale esile delle sue donne sembra distaccarsi dalle miserie terrene e tendere al cielo, portandoci con sé. La stampa è intitolata L’ora del gallo ed appartiene alla serie Le dodici ore delle case verdi.