Di Ugo Montevecchi

Nel mio dojo sulla parete principale a fianco del kamiza c’è una piccola lavagna dove in genere scrivo semplici frasi che di tanto in tanto vengono sostituite a seconda della mia ispirazione o delle necessità del Dojo in quel periodo. Non sono mai informazioni tipo “domenica prossima stage…” o raccomandazioni prosaiche tipo “ricordate di lavare i piedi”, sono sempre frasi che dovrebbero avere lo scopo di stimolare la riflessione e che ricordino agli allievi quale è il vero scopo della pratica.

Su quale sia lo scopo dell’Aikido taglio corto, riportando una semplicissima frase di O Sensei: “L’aikido serve a formare persone oneste e sincere.” E con questo ho già sintetizzato il senso di tutto l’articolo, ma forse il discorso merita di essere sviluppato ed approfondito. Tornando alla lavagnetta, qualche giorno fa ho cancellato la frase che da troppo tempo sopravviveva e l’ho sostituita con le parole di una vecchia canzone che mi è capitato di riascoltare e che con le sue sonorità di musica psichedelica-elettronica mi ha riportato ai tempi della mia giovinezza.

Il brano a cui faccio riferimento è il numero sette dell’ LP “Felona e Sorona” (1973) del gruppo Le Orme: Ritratto di un mattino. Chi è della mia generazione lo ricorda di sicuro, questo LP fu realizzato in versione italiana e inglese e fu un successo internazionale venduto in tutto il mondo. Il numero sette sarebbe di fatto un brano strumentale, se non fosse per una sola breve frase che viene pronunciata, frase che mi affascina per il suo semplice ma profondissimo significato: ”La felicità non puoi trovarla in te, ma nell’amore che agli altri un giorno darai.

Ora con un balzo incredibile passo dai testi di un gruppo rock-progressive degli anni 70 alle parole del Dalai Lama del Tibet. Questo sant’uomo, che ho avuto modo di ascoltare dal vivo più volte, in udienze riservate ai membri della Associazione Italia-Tibet, di cui per un certo periodo ho fatto parte, mi ha stupito in una conferenza che è rimasta scolpita nella mia mente. Il discorso esprimeva questo concetto: L’universo è infinito e la terra non è certo al centro di esso. Ma allora quale è il centro dell’universo? Il centro dell’universo è differente per ognuno di noi ed ha sede in noi stessi. (Affermazione che ho poi sentito esprimere anni dopo anche dal M° Tada).

Ognuno di noi è al centro dell’infinito universo che lo circonda e per questo è normale essere egoisti. Essere egoisti e ricercare il proprio benessere è naturale e questa naturale ricerca non deve essere contrastata. La vita è un dono che deve essere goduto ma c’è modo e modo di godere la vita e di essere egoisti. Proseguiva poi regalandoci il seguente consiglio: Se proprio dovete essere egoisti, siatelo in modo altruistico! Ma che vuole dire? Questa frase è senza senso? Certo se la persona che l’ascolta si basa unicamente su una visione consumistica della vita, dove il benessere dipende dalla quantità di denaro e di beni accumulati o dalla illusoria sensazione di potere, procurata da una posizione di prestigio, allora sì, la frase è senza senso. Io posso esser tanto più ricco quanto più chi mi circonda è povero, io posso esercitare il mio potere solo se ho qualcuno che mi è sottoposto! Come posso essere egoista ed altruista al tempo stesso?

Il Dalai Lama a questo punto ci ha illuminato con qualche semplice aneddoto della sua vita e ci ha fatto capire come fare qualcosa di bello per altre persone lo avesse in più occasioni enormemente gratificato. La sua esortazione finale fu quindi quella di non fermarsi ad una ricerca diretta della felicità ma di rendersi anche disponibili agli altri e di avere fiducia perché in sintesi, disse, “il bene che rivolgiamo agli altri ci procura risposte gratificanti che appagano il nostro ego-ismo più dei beni o dei falsi valori che la mentalità consumistica ci induce a ricercare.” Parole sante e tutto sommato più indulgenti rispetto ai rockettari Le Orme i quali, molto più integralisti, dicono che proprio non puoi trovare la felicità in te stesso ma solo nell’amore che rivolgerai verso gli altri.

Se è così ampio il ventaglio di voci da cui ci arrivano queste riflessioni e suggerimenti qualcosa di vero ci dovrà pur essere! In effetti non è difficile ammettere che per un padre la gioia più grande è vedere realizzato il proprio figlio e che per un figlio dovrebbe essere naturale e irrinunciabile gratificare i genitori che tanto hanno dedicato alla sua crescita e realizzazione. E quindi? A noi che pratichiamo Aikido che ci frega di tutto questo discorso?

Per quanto mi riguarda, da sempre cerco di interpretare in modo paterno il mio ruolo di maestro in modo che le persone, e volutamente non dico “i miei allievi” ma “le persone”, perché di persone si tratta, abbiano nel Dojo le migliori condizioni per crescere. Il percorso tecnico dell’Aikido è un percorso marziale, quindi impregnato di fatica, di sacrificio, perché solo se è sudata una conquista è gratificante. Attraverso un percorso tecnico comune, ognuno dovrebbe trovare la propria “via” di evoluzione. Chi è insicuro deve ricercare autostima e sicurezza di sé, chi è dotato o superbo deve rivolgersi agli altri aiutandoli con sincerità, chi è timido deve trovare nel Dojo la serenità che lo porti a fidarsi degli altri e di se stesso, chi è pretenzioso deve rinunciare al proprio egoismo e scoprire quanto la disponibilità verso gli altri sia gratificante e così via su questa lunghezza d’onda. Io ci ho provato e le gratifiche in effetti non mancano. L’affetto dei propri allievi e l’atmosfera serena, senza tensioni ed antagonismi, è la gratifica più grande che si possa avere.

Certo non sempre le cose vanno bene, e dopo che hai dato per anni il meglio di te stesso per costruire un Dojo nel migliore dei modi, può capitare che qualcuno ad un certo punto faccia di tutto per guastare questa serenità e che poi, senza nemmeno ringraziare, volti le spalle e se ne vada. Ma questo è normale, è successo mille volte e sempre succederà. Non è su quello però che ci si deve soffermare, bisogna continuare a guardare avanti e lavorare avendo fede nell’utopia dell’Aikido. Visto che con la frase di una canzone ho cominciato, con un’altra canzone voglio finire. In questo caso non servono tante presentazioni, cito la famosissima “Imagine” di John Lennon: “You may say I’m a dreamer But I’m not the only one…” .

Quindi continuiamo a lavorare tutti insieme e anche se con l’Aikido non riusciremo a cambiare il mondo, continuiamo a pensare positivo. Il miei consigli del giorno sulla vostra lavagna sono:

1) ascoltatevi “Felona e Sorona” che è bellissimo.

2) Riflettete sulle parole di Sua Santità il Dalai Lama, di O Sensei e di quel genio di John Lennon e soprattutto…

3) Continuate a sognare!

 

Ugo Montevecchi 6° Dan Shihan
Dojo Aikidomus di Rimini
www.aikidomus.it